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il bene ostinato
Il rituale era il solito, per sancire la pace tra due tribù si tagliava un bue in due parti e, i capi, vi passavano nel mezzo... lo stesso rituale che troviamo spiegato in Genesi per sancire l'Alleanza tra Abramo, la sua futura generazione, e Dio.
Così è questo libro: da una parte l'Africa e il suo immenso mistero, chiuso in notti buie come le sue giungle, dall'altra l'Europa, avvolta nel suo benessere che spesso la soffoca e ne diventa limite. Paolo Rumiz, giornalista di Repubblica, cerca di passare in mezzo con un buon libro, Il bene ostinato [Feltrinelli 2011], che racchiude la storia e l'impegno del CUAMM nell'anno del suo settantesimo anniversario di fondazione.
Storie di famiglie che migrano al contrario per essere una mano tesa in un continente che manca di tutto tranne che del sorriso e della serenità di chi lo abita. Questa visione, con tutte le conseguenze, porta a galla quei "luoghi comuni" sulla bellezza dell'Africa, sulla sua profonda leggerezza, sulla sua peculiare semplicità contrapposta alla nostra pesantezza, alla nostra vita molle e alla nostra sconfitta di fronte al "non stupore" di fronte alla natura e al creato soffocati, come vero è, dal consumismo e dal produttivismo.
Tutto vero... ma tra il bianco e il nero, tra le due parti di bue tagliato, c'è una via di mezzo ed è quella che, secondo me, non viene letta dal buon Paolo troppo intento a fare una riflessione dicotomica, tra due realtà, resa distante da modi differenti di concepire e vivere la vita ma che vive unita nella tensione verso qualcosa che è l'infinito.
I personaggi principali del libro sono i membri del CUAMM e, in particolare, i sacerdoti che ne sono responsabili con i dottori che, famiglie al seguito, viaggiano verso l'Africa con la stessa semplicità con la quale noi la mattina ci alziamo e andiamo a lavorare in macchina.
Tutto vero... ma conosco molte persone che "Il bene ostinato" lo portano avanti "qui ed ora" nei piccoli ruoli che ricoprono nelle piccole associazioni che vivono il territorio nella nostra piccola provincia italiana. Se l'appunto è che il libro parla dell'Africa posso rispondere che io ho sentito il "peso" del prendere questo "impegno missionario" come un paradigma unico della missionarietà e della risposta ad una vocazione missionaria.
Quindi il libro, come tutti, è da leggere ma a cervello acceso! Nel senso che il pericolo di voler correre in Africa o di iscriversi alla facoltà di medicina è grande come quello di uscire gridando quanto, questa nostra società occidentale, faccia schifo.... magari questo lo potresti fare scrivendo un post su facebook sul tuo smartphone di nuova generazione... ecco.... ci siamo capiti ;-D
Buona lettura!
PS: non mi soffermo sulla bellezza e la grandezza del cuore di chi mette in gioco la propria vita per regalare vita ad altri, tanto meno sulla gratuità dell'operato di buona parte dei missionari cristiani in terra d'Africa... non è il tema del post!