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Destino infausto
…” Ambos mundos, i due mondi, ossia quello vecchio e quello nuovo, dritto e rovescio, sostando dall’ altra parte”… ,
I personaggi dei sette racconti di Natzuo Kirino, uomini, donne, bambini, amanti, figli, mogli, senzatetto, trascinano le proprie solitudini e fragilità verso una deriva esistenziale personale e condivisa, il mondo un luogo dove non riconoscersi, sovente antitetico al proprio sentire.
Una scrittura , scorrevole, sussurrata, essenziale, un’ alternanza di grazia e crudita’, dolcezza e violenza, amore e morte all’ interno di un microcosmo relazionale e sentimentale deflagrato in indifferenza e noncuranza, anime che si sfiorano senza toccarsi, corpi vicini che non si guardano, sogni tramutati in incubi, digressioni di reale sfumate in una solitudine esistenziale tristemente indotta.
Protagoniste al femminile, bullizzate sin dall’ infanzia, sopravvissute a un’esistenza di stenti, non amate abbastanza, respinte dal proprio padre naturale, soverchiate dai sensi di colpa per essersi perdute in un ideale romantico, donne che ricordano buffe avventure erotico-sentimentali, che ripercorrono un passato famigliare dissolto, giovani che vivono un futuro già scritto, ricordando i tempi felici.
Il presente, figlio di giorni alienati e alienanti, sfugge a una possibile definizione, imbrattato di cupe parole e tristi presagi, solitudine, disperazione, rabbia, alienazione, tristezza, ansia, senso di vuoto, debolezza, stati d’ animo malinconici e iracondi, un presente inspiegabile oltre le avversità che hanno indirizzato il proprio destino.
Una vita sovente non voluta, inaccettabile, paralizzante, quando scelta sovente specchio artefatto di un viaggio violato dalla noncuranza di chi dovrebbe prendersi cura di noi, amarci, soccorrerci, proteggerci, indirizzarci. Laddove un briciolo di felicità sembrerebbe prendere forma, tutto pare dissolversi in sfaccettature declinanti senza la forza di affrancarsi da una condizione siffatta, sovrastati da debolezza e fragilità, da un male di vivere con radici profonde, destinato a una rassegnazione definitiva.
Un senso del vivere compagno di egoistiche presenze riflettendo su un’ imperscrutabile incomunicabilità di fondo, vite perdute, rimpiante, consumate, affrante, nessuno esente da colpe, nella forma e nella sostanza, un po’ vittime e un po’ carnefici, di se stessi e degli altri, abbandonati a una riflessione amara sulla propria condizione necessaria.
Tra le pagine la superficialità di chi è costantemente impegnato altrove, innamorato di se’, sospinto da stereotipi gaudenti che ignorano emozioni e sentimenti dell’ altro, riducendoli a strumenti del proprio apparire, una società costruita su tradizioni obsolete, deragliamenti famigliari, infelicita’ di coppia, solitudine affettiva.
Una condizione siffatta, che accompagna retaggi dell’ infanzia, esercitando un cammino di violenza e di indifferenza, ha sottratto e spogliato il delicato universo femminile dei propri sogni più intimi, ha abbandonato la sensibilità individuale in un’ arida terra di nessuno, elevando a quotidianità invivibile l’ idea infausta di contare assai poco agli occhi di chi si ama.