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(Non) Lieto fine
«Tu cercavi di convincermi che il divorzio non è la fine del mondo, neanche un divorzio con due figlie, siamo circondati da amici separati, anche i nostri genitori, e stanno tutti bene, la vita continua, la gente si ricostruisce in fretta, i bambini si adattano, il divorzio è una cosa come un’altra, comune come sposarsi. Io dicevo di no, mi opponevo: che me ne importa di quello che fa la gente, questo è il nostro divorzio, fa male a me, sono mie le figlie che dovranno adottare le loro vite al fallimento dei genitori, che sia un male comune non mi consola, non mi interessa perché la gente si separa, voglio solo sapere perché ci separiamo noi, perché io e te, perché, perché. Perché.»
Questa è la storia di Angela e Antonio ma potrebbe tranquillamente essere la storia di ognuno di noi. Sono sposati da 13 anni, hanno poco più di quarant’anni, hanno due figlie, vivono in una costosissima Madrid e lavorano entrambi nel settore culturale. Due volti, un uomo e una donna, che rappresentano una famiglia classica in una realtà classica e in una città classica. Tuttavia apprendiamo subito che qualcosa non va come dovrebbe andare. Cominciamo infatti dal finale: l’amore è finito, venuto meno, è stato soppiantato da ripicche, infelicità, tradimenti e bugie. Tante, troppe le difficoltà che questo sentimento ha dovuto affrontare perdendo del suo incanto, perdendo di quella scintilla che ha fatto ardere e bruciare i cuori.
Ma facciamo un passo alla volta perché dal titolo sarebbe dunque plausibile aspettarsi un “lieto fine” eppure, questa storia che parte dal finale tutto sembra avere tranne che questo. Sono un uomo e una donna fatti di fragilità, stanchezza e fallimenti in cui sono caduti dopo aver toccato le più alte vette. Sono il risultato di tanti non detti ma pensati. Tra aspettative, errori, incomprensioni. Tra momenti felici e non.
«Me lo chiedo anch’io, mormoravi tu, e io insistevo: se potessimo tornare indietro nel tempo, risalire la nostra vita come un fiume dalla foce, scavare in verticale nel nostro passato, sollevando strato per strato, fino a dove credi che dovremmo arrivare, in quale momento eravamo ancora in tempo per sistemare le cose? E dopo una pausa drammatica, tu: indietro, Angela, molto indietro.»
Solchiamo insieme a Isaac Rosa, solchiamo insieme la fine di un amore. Un passo a due, due voci che si alternano nella sintesi di un sentimento che non ha confini e che difficilmente può essere definito. Un passo a due narrato da voci che si alternano tra lui e lei ma che sono rancorose, arrabbiate, funeste. Non sanno più scambiarsi parole d’amore ma solo recriminazioni. L’amore ha cambiato forma, è stato piegato da nuove esigenze della vita e al contempo è stato marchiato che porta il cuore a inaridire e quel “ti amo” si trasforma in un “ti voglio bene ma”.
E forse, chissà, sarebbe bastato davvero poco per salvare tutto. Forse una maggiore comprensione, uno scambio di opinioni, un interesse mantenuto, una maggiore vicinanza e desiderio di ascoltare oltre che di essere ascoltati.
Ma ormai è tardi. È diventata inaccettabile la vita in comune, si è perso il desiderio fisico che non è più tale quanto al massimo un bisogno o peggio ancora una supplica, un tentativo anche umiliante di recuperare un qualcosa quando ormai le lancette hanno concluso il loro giro dell’orologio.
“Lieto fine” è una parabola discendente dell’amore, uno scritto narrato con voce chiara e limpida, analizzato in ogni suo aspetto e in ogni sua vicissitudine. C’è durezza tra queste pagine, c’è crudezza ma c’è anche un’analisi così intima e particolare che porta a interrogarsi, a guardarsi dentro senza affossare quelle che sono le vibrazioni dell’amore nella sua forma più semplice, nuda e cruda.
«Angela ha ragione, chiamiamo amore quello che è semplicemente desiderio, un bene di consumo come gli altri. Ma l’amore senza desiderio non è possibile. Sto parlando di un’altra cosa, l’amore è l’opposto del desiderio che ci lascia sempre insoddisfatti, il desiderio mira a consumare e sostituire, mentre l’amore vuole preservare, produrre, riprodurre, ho letto da qualche parte che l’amore è centrifugo mentre il desiderio è centripeto.»