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L’essenza del nichilismo
Bukowski è così: o lo si ama alla follia o si prova un forte senso di disgusto. Lui disturba, è scomodo, è dissacrante. Ed è proprio qui che sta tutta la sua genialità. Uno stile di scrittura semplice, fuori dagli schemi per forma e contenuto. Ed è proprio il contenuto che lascia un sapore dolceamaro addosso. Le sue storie sono brutali come uno schianto causato da un incidente d’auto. Ti entra nelle ossa, ti scuote, ti danneggia. Ti dilania dalla brutalità delle azioni umane di quei personaggi descritti, appartenenti a una folle quotidianità. Alcune storie sono puramente inventate e in altre vi è un fondo di verità.
Rimane il fatto che i protagonisti sono gli inetti, gli emarginati della società: i pazzi, gli alcolizzati, coloro che vivono di eccessi come l’abuso di alcool, droghe, sesso, malvagità… Sono in tutto e per tutto persone morte dentro, che sopravvivono cercando di sentirsi vivi con certi estremismi. La vita al limite dovrebbe condurli all’estasi o è solo un modo per una precoce autodistruzione? Qui, vi è solo nichilismo. Non c’è spazio per altro; non c’è speranza, solo la piattezza più evidente dell’umanità.
Le persone parlano di un mondo crudele nel quale vivono: automi privi di empatia. Solo il proprio narcisismo è importante: il proprio dolore antico in cui è facile affogare, la rabbia contro il mondo portata all’estremizzazione: assassinii, stupri, violenza fisica e psicologica… Questo è quello che gli occhi dello scrittore probabilmente vedevano o percepivano su larga scala, poi lui lo riportava su carta. Un lavoro sporco che raccoglie una raccolta di racconti osceni, a tratti può arrivare ad aggiungere tratti distopici e surrealisti.
Ma il mondo descritto è un mondo in competizione, basato sull’istinto di sopravvivenza e sull’idea di avere il diritto di esercitare il proprio dolore per il trauma subito, sugli altri. Personalmente amo l’enorme sensibilità di Bukowski che racconta di una realtà priva di filtri e lo fa andando a ricercare l’orrore del mondo senza aver paura di esibirlo al pubblico. E’ una missione, che può suscitare una valanga di critiche, ma è un compito arduo: per i più coraggiosi e i più straordinari. Ed è impattante la sua ricettività che sbuca in tutto questo deserto arido; come un miraggio. Un po’ qui e un po’ lì, in mezzo al caos e alla monotonia dell’esistenza. Il lieto fine è impensabile: anime vuote continuano a ripetere i propri schemi senza da possibilità di uscire dal marcio esistenziale in cui sono impantanati. Condannati a priori. Vivere da morti, morire da vivi.
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Commenti
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io credo che qui si apra un po'la parentesi tra gli ottimisti e i pessimisti. Sicuramente Bukowski ha una vena pessimista molto marcata. Capisco la tua necessità di vedere le cose sotto una luce migliore. Penso che l'equilibrio sia sempre la cosa migliore. Di vedere entrambe le parti e poi decidere dove stare :)
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