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Giorni qualunque, tra noccioline, magie e spettri
È possibile che una monetina – casualmente trovata per terra da un pover’uomo, che da settimane cerca disperatamente di trovare un impiego, e da lui donata a un bambino incontrato per la via – possa dare la felicità a tante persone? Una telefonata fatta al numero sbagliato può causare un’escalation di ripicche tra vicini di casa? Come si può preparate un pranzo di alta cucina con gli uccellini impagliati che ornano un vecchio cappello, un po’ di ovatta estratta dall’imbottitura di un cuscino e un vestitino decorato con una fantasia di ciliegie? Poi, perché mai, nessuno in paese percorre la vecchia strada dei Sanderson quando piove a dirotto? Cosa scrive la gentile, garbata sig.na Strangeworth nelle lettere che invia, di notte, a tutti gli abitanti della cittadina?
A queste e a molte altre domande risponde Shirley Jackson nella raccolta ora proposta da Adelphi.
Famosa per essere una delle regine del mistery e del racconto gotico e dell’orrore, la Jackson in questa antologia ci rivela un lato meno noto della sua prosa, che riesce a essere anche argutamente umoristica, salace o aspramente critica nei confronti delle convenzioni e del perbenismo di cui si faceva scudo la piccola borghesia americana nelle cittadine di provincia come la North Bennington in cui ha vissuto sino alla morte.
Nella sua breve, ma immensa produzione letteraria la Jackson scrisse oltre duecento racconti di genere vario. Questa antologia è gran parte frutto di un casuale ritrovamento: 25 anni dopo la morte della scrittrice, fu inviata ai figli una voluminosa cassa che conteneva appunti, bozze e tanto materiale sconosciuto anche alla famiglia. Tra esso moltissimi racconti inediti. La raccolta contenente il meglio di quella fortunata scoperta, assieme ad altre storie che avevano ottenuto solo una limitata diffusione e, poi, non erano mai stati ristampate, uscì postuma nel 1996 e, adesso, viene proposta in italiano in questa edizione che contiene ventidue di quelle novelle e che accontenta tutti i gusti e tutti i palati.
Si comincia con le astuzie di un non vedente che riesce a “truffare” un negoziante sin troppo benevolo, per passare a storie che narrano con arguzia il nostro quotidiano, per giungere a piccole favole moderne dove strane magie alleviano il penoso incedere della vita. Chiude la raccolta un divertente aneddoto personale che ci fa capire come la parola “fama” acquisti un diverso significato a seconda di chi la pronunci.
Nell’antologia sono presenti storie leggere, romantiche, umoristiche, ideali per le pagine degli inserti domenicali dei grandi quotidiani americani; ma pure altre più consone alle atmosfere noir di cui l’A. era specialista, alcune di esse condite con un tocco di impalpabile soprannaturale, gotico o macabro, ma anche da un sano distacco ironico. E così, in “Ha detto solo sì”, leggiamo la storia, abbastanza angosciante, di una giovane, novella Cassandra, ma attraverso le impressioni di una incredula vicina; mentre in “Casa” tornano di scena i fantasmi e le lugubri atmosfere di Hill House, ma la testimone è una scettica indaffarata signora moderna.
Lo stile è quello inconfondibile dell’A. dove, con una prosa agile e disincantata, si narrano pure fatti spiacevoli, ma toccanti. Non è rado trovare storie suggerite da una evidente esperienza autobiografica. Così, conoscendo un poco le vicende personali della Jackson, non si può non rimanere colpiti da racconti quali “Come Charlotte uscì di scena” sugli ultimi mesi di una donna che, come la Jackson, soffriva di gravi problemi di salute, ma ignorava le prescrizioni mediche; oppure come, in “Sola in una tana di lupetti”, una mamma che lavora, ma deve pure tener il passo ai suoi ragazzini scatenati, debba arrabattarsi per conciliare gli impegni.
Il più toccante di tutti, sotto questo profilo, è “Si spegne una grande luce”: con feroce realismo e forse mesta preveggenza, l’A. racconta come, al capezzale di un famoso scrittore morente, si accalchi una folla di lugubri personaggi preoccupati più di mostrarsi e ottenere un po’ di luce riflessa, che di arrecare conforto vero.
In generale si tratta di una raccolta interessante e gradevole; ottima per occupare piacevolmente, anche con brevi sessioni di lettura, gli spazi vuoti delle nostre giornate: tra pennellate rosa, sfondi azzurri, qualche ombra scura e rari schizzi di verde acido, si sorride, ma si pensa anche.
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Per l’angolo del pignolo mi sento di dover fare piccolo appunto alla traduttrice. Nel racconto “Devo” si rende, un po’ goffamente, il tipico acronimo inglese I.O.U. (I Owe You, la classica promessa informale di debito di tradizione britannica), col termine “devo” (riportato pure nel titolo), ma l’italiano ha il termine “Pagherò” che meglio e più correttamente avrebbe richiamato alla mente quel tipo di cambiale d’onore.
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Commenti
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La Jackson è sempre una garanzia. Questo libricino è carino anche perché alterna racconti leggeri a storie un po' più cupe, in un piacevole alternarsi di dolce e salato...
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