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La melanconia nell'io
«La notte, con una luna e le sue stelle, col suo profumo freddo e caldo allo stesso tempo, tiepido con ciocche di fresco, riempiva ogni stanza, creava mulinelli dappertutto, si appiccicava allo specchio e ai mobili lustri, fluiva nei lavandini e nella tazza del cesso, s’infilava nei due buchi delle prese elettrice.», Ponti
Mircea Cartarescu torna in libreria con “Melanconia” edito Nave di Teseo e disponibile dallo scorso 27 settembre. Scrittore romeno già noto al grande pubblico per la monumentale opera che comprende tra gli altri tre volumi di Abbacinante e Solenoide, nei suoi scritti riesce sempre a spiccare per lo stile narrativo difficilmente emulabile ma anche per le storie che hanno sempre ad oggetto diverse e profonde tematiche. Questo accade ancora una volta con “Melanconia” dove ad essere padrona indiscussa è la separazione, una separazione che viene vissuta, affrontata e narrata nei vari racconti per mezzo di quelle che sono le fasi divergenti e differenti della vita.
Tradotto ancora una volta da Bruno Mazzoni, il titolo si sviluppa per mezzo di tre racconti di canonica lunghezza che sono introdotti da un pezzo di apertura e un epilogo.
«A volte, soprattutto di sera, quando lo coglieva la melanconia, apriva il vecchio armadio per vedere le sue pelli.» racconto, “Le pelli”
Torniamo così all’infanzia perché è in questa fase che ha inizio il sentimento della melanconia che nel crescere sempre ci accompagna a maggior ragione quando ci sentiamo completamente soli, senza nessuno pronto a tenderci una mano e ad accompagnarci nel nostro viaggio. Siamo poi nell’età della ragione e, ancora, dell’adolescenza. Se da un lato il bambino di cinque anni è convinto che la madre uscita per andare a fare la spesa lo abbia abbandonato, dall’altro abbiamo Marcel che di anni ne ha otto e vive in simbiosi con la sorella Isabel che si ammala, e poi Ivan che ancora di anni ne ha quindici e sentendosi solo e in solitudine, conserva nell’armadio le pelli che anno dopo anno ha dovuto cambiare, mutare, togliere, estirpare.
Non è solo una raccolta di racconti “Melanconia”. È in realtà un filo unico conduttore, un grande libro in tre scissioni autentiche, che ci accompagna in una visione profonda e introspettiva, dove un bambino, un adulto, un adolescente sono tre espressioni della ragione, dell’io e dell’essere.
La sensazione che tocca il lettore è quella di trovarsi davanti a una sorta di risposta a “Nostalgia”; opera classe 1989 che viene qui rievocata a distanza di tre decenni. Una risposta che porta quasi a negare il senso di nostalgia che perisce innanzi alla melanconia.
“Melanconia” è un libro che solleva interrogativi e cerca risposte ai tanti quesiti che pone e propone. È un libro silenzioso ma che arriva a gran voce, un paradosso, si potrebbe pensare. Uno scritto che non manca di proporre un Cartarescu più maturo, cupo e profondo. La melanconia è una condizione umana inscindibile e imprescindibile, per questo anche nella ricerca di una condivisione spesso questa non viene meno, non può essere veramente colmata e placata. È come una sete che non è mai saziata da qualsivoglia acqua o bevanda. In virtù di una unicità unica e irripetibile che rende l’io individuale incapace di poter far a meno di una unicità che rende ogni individuo inimitabile e divino a prescindere.
Al tutto si aggiunge uno stile metaforico, visionario, pulito, prezioso. Uno stile che prende per mano, scava nella mente, resta nel cuore.
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