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Idee irresistibili e piccoli spunti
Non è un mistero per chi mi conosce quanto io preferisca i romanzi ai racconti, ma è altrettanto vero che ci sono autori dei quali amo leggere anche quelli, e tra questi c’è ovviamente quello che in fondo è il mio autore preferito insieme a Cormac McCarthy: Ray Bradbury.
Oscar Mondadori sta facendo uscire praticamente tutta la produzione di Bradbury, con mio sommo piacere, tra cui queste raccolte che contengono decine e decine di esemplari delle sue narrazioni brevi, che lui amava tanto scrivere e che spesso scriveva di getto senza neanche pensare, come rispondendo a una necessità fisica: cosa che ci tiene a precisare soprattutto riguardo questa raccolta, “Ricordare Parigi”; nella prefazione infatti scrive: “[…] questi racconti non li ho meditati. Li ho scritti seguendo l'impulso del momento, che a volte nasceva da idee irresistibili, altre da piccoli spunti che cercavo di sviluppare”. Chi ama scrivere non faticherà a capire di cosa sta parlando l’autore, di come idee improvvise e fulminanti si presentino alla mente di una mente creativa e chiedano a gran voce di vivere e di essere espresse, nella speranza che colui al quale si sono presentate non sia pigro e sia nella giusta disposizione d’animo.
Bradbury era una vera e propria fucina di idee e racconti, le metteva su carta come fosse la più importante e anche l’ultima cosa che dovesse fare nella vita. Certo anche lui era umano, e anche questa raccolta è la dimostrazione che anche una mente eccelsa, geniale e poetica possa partorire a volte qualcosa che non sia poi così sensato o degno di nota. Questo per dire che “Ricordando Parigi” contiene in sé dei racconti secondo me memorabili, ma anche qualcuno trascurabile: non stiamo parlando di “Cronache Marziane”, insomma, ma c’è da dire che in mezzo ai racconti di Bradbury si finisce sempre per scovare qualche perla che alla fine ti fa pensare che ne sia valsa la pena: penso non tanto al racconto che da titolo a questa raccolta - forse paradossalmente il più dimenticabile dei 22 - ma ad altri come “Sentieri incrociati” (meraviglioso), “Massinello Pietro”, “Padre Caninus”, “Volate verso casa” (che ci riporta su Marte) o “L’estate della pietà” (che ci riporta molto alle atmosfere de “L’estate incantata” e “Il popolo dell’autunno”). Questi racconti sono in grado di emozionare come solo Bradbury sa fare: manipolando le parole con una tale maestria da renderle indimenticabili, toccando le corde della memoria e dei sentimenti, dando vita a metafore che si materializzano istantaneamente nella mente del lettore.
Considerato il tempo che si impiega nella lettura di queste brevi storie, sempre scorrevolissime, varrà sempre la pena passare sopra al fatto che alcune di esse siano dimenticabili, pur di godere di alcuni sprazzi di pura poesia e introspezione.
“Ma non puoi prevedere certe cose. Vedi troppe persone ogni settimana, ogni anno, e la maggior parte di loro sono destinate a perdersi nell'oscurità. Tutto quello che puoi fare, dopo, è riandare con la mente alla nebbia degli anni trascorsi e cercare di ritrovare le occasioni in cui la tua vita ha incrociato quella degli altri, sfiorandola. La stessa città, lo stesso ristorante, lo stesso cibo, la stessa aria, ma con due sentieri e modi di vivere differenti, ignari l'uno dell'altro.”
[Dal racconto “Sentieri incrociati”.]
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come dico sempre, i veri capolavori di Bradbury sono "Cronache Marziane" e "L'estate incantata", più del suo famosissimo "Fahrenheit 451"... almeno a mio avviso.
si, è vero, e sono infatti pochi i grandi scrittori che sono in grado in così poche pagine di dar vita a grandi racconti: penso a Bradbury stesso, Carver, Borges, Dürrenmatt.
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