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Il simbolismo del 7
Il “Sette” è considerato il numero della filosofia e dell’analisi, ma anche quello della solitudine e della completezza, compare inoltre numerose volte nella spiritualità cristiana. Partendo da questo simbolismo l’autore francese Tristan Garcia costruisce un’opera che percorre i sentieri filosofici dell’umanità attraverso un libro che solo apparentemente potrebbe svelarsi come una raccolta di racconti (ovviamente 7!), ma che in realtà può sicuramente considerarsi un romanzo completo, costituito da sette tessere differenti che si ricompongono agli occhi del lettore solo progressivamente. Difficile ricondurre il libro ad un genere specifico in quanto nei vari capitoli sono presenti elementi distopici, surreali, fantascientifici, che si riuniscono però in una rappresentazione della realtà. Una realtà che si manifesta con le caratteristiche dei nostri tempi in quanto è presente internet, la globalizzazione, lo scontro sociale tra classi, la tendenza della società a chiudersi in sé stessa per timore verso il mondo esterno.
Pertanto si tratta di una realtà impietosa, che in qualche modo ci fa sentire con le spalle al muro, nella quale gli individui cercano rifugio e protezione in paradisi artificiali rappresentati da una droga che fa regredire la mente agli anni della propria gioventù. Oppure nella necessità di credere in qualcosa di trascendentale, come ad es nell’esistenza degli extraterrestri, o in un nuovo Messia che possa alleviare la sofferenza vissuta.
La realtà del “filosofo” Garcia si cristallizza agli estremi perché sono gli estremi, i contrasti, a rappresentare il grado di sofferenza, di patologia, di una società, come nel caso della bellezza divina di una modella che viene ripagata dall’inevitabile contrappeso di un volto sfigurato (“ecco perché esistevano i ricchi e i poveri: il senso del mondo stava o in alto in alto o in basso in basso…...Quelli che sgobbavano in fondo alla piramide e quelli che troneggiavano in cima”). Di fronte alle tante inquietudini sociali, alle tante asimmetrie, ecco che la lotta di classe, la rivoluzione permanente, tornano a caricarsi di un significato importante, l’ideologia politica non muore mai e Garcia ce lo mostra impietosamente.
L’autore si diverte a disorientare il lettore, gettando semi di piante differenti e mostrando una varietà narrativa che solo successivamente si ricompone nella visione unitaria del protagonista dell’ultimo capitolo, il settimo, baciato dal destino, da un dono che al tempo stesso può diventare una condanna che trova sfogo nella letteratura, nel bisogno di raccontarsi: “ ...mi pareva di essermi liberato dei ricordi, di aver dato loro una forma narrativa soddisfacente, giocando sulle sottili differenze fra letteratura e realtà, e di aver rivelato il principio di tutto il mio lavoro e il segreto della mia esistenza”.