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L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello
 
L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello 2021-04-21 16:43:27 archeomari
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5.0
archeomari Opinione inserita da archeomari    21 Aprile, 2021
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Neurologia dell’identità

“Il dottor P. invece pareva soddisfatto delle sue risposte e accennava un sorriso. Poi, evidentemente convinto che la visita fosse finita, si guardò intorno alla ricerca del cappello. Allungò la mano e afferrò la testa di sua moglie, cercò di sollevarla, di calzarla in capo. Aveva scambiato la moglie per un cappello! La donna reagì come se fosse abituata a cose del genere. Non riuscivo a spiegarmi quanto era successo in termini di neurologia (o neuropsicologia) convenzionale. Sotto certi aspetti egli sembrava perfettamente integro, sotto altri devastato in modo totale e incomprensibile”.

A dire la verità mi aspettavo un’altra cosa. Ignoravo totalmente chi fosse Oliver Sacks, mi ero lasciata ispirare dal titolo (in italiano,sottolineo), dall’edizione Adelphi e dal fatto che fosse un nome noto ai più (non a me, a quanto pare!).
E ho fatto bene, sono caduta in piedi, anzi (scusate la licenza lessicale)...”in piedissimo ”!
Altro che letteratura tout court, questo è un felicissimo incontro tra scienza e letteratura, un meraviglioso ed interessante prodotto della penna di un affermato neurologo che sa scrivere in modo trascinante.

L’opera è una raccolta di “racconti-casi”, di cui “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello “è il primo che dà il titolo a tutto il libro: si tratta di storie, sì storie, veramente verificatesi, casi in cui il dottor Sacks si è imbattuto nella sua lunga carriera di medico.
Sacks ammette nella prefazione di essere “attratto dall’aspetto romanzesco non meno che da quello scientifico”, di vederli “continuamente entrambi nella condizione umana, non ultima in quella che è la condizione umana per eccellenza, la malattia: gli animali si ammalano, ma solo l’uomo cade radicalmente in preda alla malattia”.
Solo l’uomo, rispetto agli altri animali, è caratterizzato dalla scissione mente-cervello: è proprio lì la misteriosa questione da affrontare. Ci sono storie di persone che convivono così bene con gli effetti collaterali della loro “malattia” (e in fondo cos’è la malattia?), come il giovane Ray “dai mille tic” che quando viene finalmente diagnosticata e trattata farmacologicamente la loro patologia (nel caso di Ray, la “sindrome di Tourette “), si sentono quasi spenti, sentono la mancanza della loro specialità. Oppure il caso spassoso e delicato della signora anziana affetta da quella che lei chiama “Sindrome di Cupido”, che la porta alla sua veneranda età a civettare con gli uomini più giovani di lei, a sentirsi sempre piena di energia. Ma questi sono casi particolari, sono storie di “eccessi”, in realtà la neurologia è affezionata ad un’altra parola, a “deficit”.
Infatti la prima parte del libro abbonda di questo termine e di paroloni con la a privativa greca: agnosia, afasia, alessia, afemia, atassia...sono tutte mancanze o menomazioni nell’integrità della nostra salute psicofisica “una parola per ogni funzione nervosa o mentale di cui i pazienti, in seguito a malattia, lesione o difetto di sviluppo, si trovino in parte o del tutto privati”.
Quello che colpisce nella lettura di questo libro, è non solo l’arricchimento culturale, ma anche quello umano, emozionale: storie toccanti di persone dalla forza di volontà fuori dal comune, così come fuori dal comune è l’interesse del medico Sacks per le storie di ognuno di loro, non casi, ma storie: identità prima di malattie.

“Le anamnesi sono una forma di storia naturale, ma non ci dicono nulla sull’individuo e sulla sua storia; non comunicano nulla della persona e della sua esperienza, di come essa affronta la malattia e lotta per sopravvivere. Non vi è «soggetto» nella scarna storia di un caso clinico; le anamnesi moderne accennano al soggetto con formule sbrigative («albino femmina trisomico di 21 anni») che potrebbero riferirsi a un essere umano come a un ratto. Per riportare il soggetto – il soggetto umano che soffre, si avvilisce, lotta – al centro del quadro, dobbiamo approfondire la storia di un caso sino a farne una vera storia, un racconto: solo allora avremo un «chi» oltre a un «che cosa», avremo una persona reale, un paziente, in relazione alla malattia – in relazione alla sfera fisica”.

Consigliatissimo! Lettura piacevole, snella, adatta a tutti.

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