Dettagli Recensione
Tecnica raffinata, gusto da educare
Mi è capitato, non troppo tempo fa, di cenare in un ristorante di quelli da guida Michelin, con l’atmosfera giusta, la cucina raffinata, l’equilibrio dei sapori, assaggiando piatti costruiti con logica, dai tratti puliti e lineari: una cucina che manca del gusto pieno di certi classici che mangiamo ogni giorno e per apprezzare la quale serve forse un’educazione del palato al gusto. In una parola, un piacere più intellettuale che fisico. Leggendo questa breve raccolta di Shirley Jackson ho avuto la stessa sensazione: una scrittura molto raffinato nascosta dietro un’apparente semplicità, in cui atmosfere quasi bucoliche o serene si striano a poco a poco di elementi insoliti, allusioni, tentennamenti; può essere una bottiglia di latte lasciata di fronte a un porta a un’ora strana, un cumulo di pietre in una piazza centrale, un vestito troppo verde per un certo ristorante: elementi quasi banali che si caricano però, strato dopo strato, di un preciso significato e che diventano alla fine simboli così pregnanti da svoltare totalmente il racconto. C’è davvero molta tecnica nella Jackson, autrice eccentrica che amava definirsi “strega”, lei che credeva nei fantasmi e nella voce degli oggetti domestici: come nei migliori film di Hitchcock la tensione non richiede effetti speciali, sangue o mostri o creature strane, ma cresce poco a poco, alimentata da una parola stonata, accudita da un gesto incoerente fino a stringere il lettore in lacci invincibili, annodati in finali che sono a volte solo una variazione di ritmo o una parola imprevista: non ci sono esplosioni nella Jackson, non ci sono verità disvelate, ma solo corridoi bui che sembrano costringere i personaggi in un vuoto senza fine. È in questa mancanza di prospettiva, nel senso di un tempo costretto a ripetersi, che si cela l’ansia di questi racconti, il loro essere considerati dai più come noir o thriller. Qui però non siamo in un genere, ma in una sola parola: inquietudine. E in questo Shirley Jackson è molto brava, se è vero che all’uscita del racconto eponimo, “La lotteria”, l’autrice fu quasi sommersa da lettere di accusa, spregio, talora pure di estatica ammirazione. Certo talora questa scelta del finale aperto è rischiosa, perché sembra non concludere il racconto o giocare volutamente su un’incertezza troppo incerta e non nascondo che potreste chiedervi “e quindi?”. Ma Shirley Jackson è questa, col suo stile inconfondibile, con la sua precisa visione della letteratura, un piatto raffinato di un ristorante della guida Michelin: semplice grandezza, tecnica altissima, gusto un poco scarso.
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Commenti
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Mai letto niente dell'autrice, al momento non è in wishlist. Però mi piace leggere come scrivi, anche recensioni. Ciao
Invece io al momento come Adelphi da sorseggiare caldo caldo, rimanendo in metafora, ho LA DEA BIANCA di Robert Graves. Letto?
Ps.Paranoia, aspetto la tua recensione!
Non ho mai letto l'autrice. Non essendo interessato ai racconti, punterei su un suo romanzo, ma non ho ben comprese se valga veramente la pena oppure, nel panorama internazionale, può essere una scrittrice trascurabile. Non dubito che sia una brava autrice, ho qualche dubbio che si tratti di una grande scrittrice, ecco. Che ne dici in proposito?
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