Dettagli Recensione
Il piacere di conversare
un giudizio su questo libro mi risulta particolarmente difficoltoso al punto da non aver ancora ben chiaro se mi sia davvero piaciuto. A giudicare dalla velocità con cui l’ho divorato parrebbe di sì, ma non riesco appieno a razionalizzarne il motivo.
"Assolutamente musica" racchiude tre mie grandi passioni: Murakami, la cultura giapponese e la musica classica. Va da sé che le aspettative fossero piuttosto alte. Il valore di un libro risiede, credo, o nelle conoscenze che se ne traggono ovvero nelle emozioni, in senso lato, che è in grado di suscitare. Non si può dire che questo lavoro di Murakami brilli né in un senso né nell'altro.
Si tratta di una semplice raccolta di conversazioni sulla musica classica, avvenute nel corso degli anni tra un celebre scrittore, Murakami appunto, ed un altrettanto celebre direttore d’orchestra, Seiji Ozawa. Nei vari incontri in giro per il mondo, i due parlano liberamente svariando da Glenn Gould a Mahler, da Karajan a Bernstein, dalla lirica alla didattica. Tra i capitoli più riusciti quello dedicato a Mahler, un unicum nella storia della musica, con il suo inimitato stile atto al superamento del romanticismo tedesco tramite giustapposizione di temi contrastanti in modo apparentemente illogico. Interessante anche il capitolo dedicato alla didattica nelle accademie fondate dal Maestro in Giappone e in Svizzera, alle differenze culturali degli studenti nelle due scuole ed al non-metodo di Ozawa nel seguire i giovani talenti.
Lo stile è sobrio e snello, ma si ha l'impressione di non imparare granché. Si salta da un argomento all'altro senza un reale approfondimento e talvolta si indugia su un'aneddotica un po' sterile. I parallelismi tra buona musica e buona letteratura, entrambe accomunate dall'esigenza di ritmo, sono presentati da Murakami con la consueta eleganza ma anche qui ... nulla di veramente nuovo.
Un operazione un po' commerciale dunque? Direi di no.
Ciò che riscatta questo libro, oltre ovviamente all'impeccabile stile di Murakami, è l’aver accostato due personalità affascinanti in modo così semplice e diretto senza sovrastruttura alcuna.
Due personalità a confronto unite dalla giapponesita' e da affinita' nei percorsi di vita che li vedono entrambi artefici di una felice fusione tra sensibilità orientale ed occidentale.
Da un lato lo scrittore melomane, collezionista maniacale, affascinato dagli aspetti culturali ed intellettuali del mondo musicale, preparatissimo e coltissimo ma col cruccio, in fondo, di non avere basi tecniche sufficienti per godere appieno dell’esperienza musicale.
Dall’altro, un direttore d’orchestra che la musica la vive da dentro, senza intellettualismi, in modo naturale, energetico ed infallibile già a partire dalla lettura dello spartito.
I due sono quasi paradigmi di opposti modi di approcciare l’opera d’arte musicale.
Murakami e con lui tutti i profani del mondo (tra cui mi ci metto pure io) ascoltano la musica procedendo per associazioni mentali alla ricerca di chiavi interpretative, di significati reconditi, di linee guida nei percorsi musicali.
Al lato opposto, il vecchio direttore d’orchestra e con lui gli eletti che vivono la musica in modo totalizzante, coglie invece l’essenza astratta della bellezza musicale, scevra di cerebralismi, da godersi nel puro atto creativo tanto da affermare candidamente di non aver mai riascoltato le sue incisioni e non essersi reso conto di come le sue interpretazioni fossero evolute nel tempo.
In un mondo in cui i confronti anche in campo accademico o culturale, sono spesso dominati dal desiderio di prevalere, di persuadere l'interlocutore e di affermare la propria personalità, queste pagine dimostrano come sia ancora possibile conversare (ascoltare dunque oltre che parlare) in modo intelligente e libero. Tutto sta nella qualità degli attori.
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Dell'autore giapponese ho letto solo "Kafka sulla spiaggia" che complessivamente mi è piaciuto. Vi ho captato il suo amore per la musica. Parla diffusamente di un concerto di Beethoven, il Trio "Arciduca" . Ho scoperto che è bellissimo, la cui meravigliosa lievità mi ha fatto capire perché può essere così gradito in Giappone.
nel libro si parla molto di musica da camera. Ozawa stesso, mi pare, afferma che non si puo' dire di conoscere veramente Beethoven se non si ascoltano con attenzione i suoi quartetti. Il suo stesso metodo didattico nella scuola in Svizzera si basa sulla formazione di quartetti i cui componenti poi confluiscono nell'orchestra.
Grazie per la segnalazione del Trio ... lo ascoltero' sicuramente
non so se ci fosse un vero intento ....
Pero' tutto scorre fluido e armonico .... quasi jazzistico.
Una conversazione tra due intelettuali o uomini di cultura europei non avrebbe mai potuto essere tale
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