Dettagli Recensione
“Teniamo il fuoco acceso”
Romanzo ben scritto, ma decisamente al di sotto delle aspettative, poco verosimile, non privo di fastidiosi accenti nazionalistici e ormai piuttosto datato.
Nella prima parte, le descrizioni particolareggiate di un'isola, in cui un gruppo non meglio identificato di ragazzini inglesi si ritrova dopo un incidente aereo, appesantiscono una trama già di per sé soporifera, con i toni un po' ridontanti della commedia.
Per contro, la spiegazione delle strategie di sopravvivenza adottate dai ragazzi in questione è liquidata il più delle volte con un generico accenno a scorpacciate di frutta e a certi “rifugi” tirati su alla bell'e meglio.
Il fuoco, che nel corso della narrazione diventerà simbolo di civiltà contro il buio della ragione (“Teniamo il fuoco acceso”), lo accendono in quattro e quattr'otto col riflesso del sole attraverso un paio di occhiali, più efficaci di un lanciafiamme.
Andando avanti, il ritmo incalza ma la retorica si spreca con i buoni – pochi – da una parte e i cattivi dall'altra, la democrazia letteralmente in fumo da una parte e i soprusi di una dittatura selvaggia dall'altra. Dittatura appoggiata dalla stragrande maggioranza, vuoi per debolezza vuoi per la natura fondamentalmente brutale dell'essere umano.
Cosa resta? Di sicuro, non abbastanza per parlare di capolavoro letterario: una discreta capacità introspettiva dei personaggi e un finale emozionante e paradossale.
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Ho volentieri evitato questo libro per il contenuto. Vedo che anche tu non ne sei stata affatto entusiasta.