Dettagli Recensione
Sei tu che hai ordinato Fenton
Non chiamarmi col mio nome di James Purdy è una raccolta di racconti con un tema dominante: quello dell’inquietudine e dell’incapacità di interpretare e definire un disagio spesso sottaciuto e che non si manifesta in forma esplicita.
La raccolta culmina nel racconto lungo intitolato “63: Palazzo del sogno”, una storia complessa ove realtà, sogno e morte si fondono.
In un parco equivoco (“Qui gli uomini che venivano a vagare brancolando senza meta come lui erano ovviamente ombre dell’inferno”) lo scrittore Parkhearst – sempre a caccia di storie – arruola Fenton e lo conduce al cospetto della Granger, “la grandonna” (“Sei tu che hai ordinato Fenton”), una ricca signora che vive nel rimpianto dell’ex marito, Russell (“Pensavi che mi avrebbe ricordato Russel?”).
Fenton vive con il fratellino Claire (“Voleva disperatamente liberarsi di Claire e mentre sentiva questo sentiva più che mai amore e pietà per lui”) nell’indigenza e in un palazzo abbandonato, ma presto cede alle lusinghe e alle gelosie dell’ambiguo triangolo con gli adulti (“Lui voleva vivere quella nuova vita con la Granger e Parkhearst. Voleva essere un altro, voleva portare gli abiti di Russell, voleva la vita che gli si offriva e che Claire ostacolava”).
Poi Fenton incontra Bruno e, dopo una nottata di follia (“Le ore del mattino… segnarono il punto di non ritorno, non posero fine alla sua giovinezza ma la resero superflua, come l’età per un dio”), ritorna al palazzo per un macabro addio a Claire.
Giudizio finale: inquietante, oscuro, disadattato.
Bruno Elpis