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Identità
«Sì, d’ora in poi sarà facile imputare alla sua debolezza mentale ogni errore o contrattempo, ma il suo spirito, che il neurologo ha ben distinto dalla mente, avrà la forza di lottare contro le suggestioni di quest’ultima o farà combutta con lei? […] È questo il punto… Non c’è molto da spiegare. Nel mio cervello si è creato un piccolo vuoto, una specie di buco nero che ultimamente risucchia nomi di persone, più che altro di conoscenti. E, spariti quelli, rimane uno spazio libero.»
Strade, trafori, gallerie e tante altre grandi opere sono le costruzioni progettate da Zvi Luria, ex ingegnere ai lavori pubblici ormai in pensione. Ha dedicato la sua vita a collegare luoghi irraggiungibili, l’anziano, ha una moglie medico pediatra di grande fama di nome Dina e prole al seguito, eppure, da qualche tempo, dimentica le cose, è distratto, perde cognizione di quel che gli sta accadendo intorno. La sentenza è irrevocabile: atrofia celebrale e più precisamente un principio di demenza senile. Può star tranquillo, a parere del medico, perché in ogni paziente lo sviluppo della malattia è diverso e dipende molto proprio dall’indole e dallo spirito di quest’ultimo. Oltretutto Luria ha poco più di settant’anni, non deve disperarsi! Peccato però che quelle che originariamente erano piccole distrazioni, sviste, nomi dimenticati o confusi, un chilo o due in più di pomodori acquistati, con il tempo diventano un qualcosa di difficoltoso da gestire per il capo costruttore che sempre con maggiore difficoltà accetta una tale fine. Un incontro casuale in una delle tante vecchie occasioni di celebrazioni dell’ufficio e ha inizio, proprio su spinta delle parole di Dina che lo invitavano a non arrendersi, a non lasciarsi andare, a trovarsi un impegno proprio in virtù di chi suo compagno era stato, la collaborazione con Assael Maimori, adoperatonella realizzazione di un tunnel segreto che condurrà il già precario protagonista nel cuore del conflitto israelo-palestinese, dovendo il medesimo, realizzare un passaggio per salvare gli altrettanto privi di identità rifugiati politici palestinesi celati sulla vetta di una collina nel deserto del Negev.
È da questi brevi assunti che ha inizio uno dei romanzi più stratificati, profondi e complessi dello scrittore israeliano. Perché quel tunnel che è chiamato a percorrere Zvi se da un lato è uno dei più difficoltosi e bui che ciascun uomo è costretto prima o poi ad intraprendere, perché per sua natura capace di privare dell’identità, della dignità, dello scopo, della ragion d’essere del singolo al mondo, del suo status sociale per lasciar posto a un’entità vacua, fatta di dubbi, incertezze, senso di inutilità, al contempo, esso può essere sinonimo di salvezza, di rifugio, di nuova possibilità.
Costanti sono ancora all’interno dell’opera i riferimenti alla convivenza tra israeliani e popolo palestinese, alla tematica della perdita di identità che non è soltanto individuale quanto anche nazionale poiché risultato di una possibile integrazione, nonché storici e religiosi. Quest’ultimo elemento emerge in particolare nella parte conclusiva dell’elaborato quando, cioè, raggiungere il luogo simbolo della storia di Israele combacia anche con il ricongiungersi di Zvi con il suo io più profondo.
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