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Del resto e di me stesso
«L’uomo non sapeva che le città che si circondano di alte mura (anche se bianche e con alberi) non si prendono senza lottare. Non sapeva l’uomo che, prima della battaglia per la conquista della città, avrebbe dovuto ingaggiare e vincere un altro combattimento. E che in questa prima lotta avrebbe dovuto lottare con se stesso. Nessuno sa nulla di sé prima di agire per impegnarsi totalmente. Non conosciamo la forza del mare finché non si muove, non conosciamo l’amore prima dell’amore»
Con “Del resto e di me stesso” Feltrinelli raccoglie una seconda parte, dopo la pubblicazione della prima nel 2013 in “Di questo mondo e degli altri”, delle cronache scritte da José Saramago tra il 1968 e il 1969 per i giornali “A Capital” e “Jornal do Fundao” di Lisbona.
Le narrazioni riportate assumono per il lettore la forma di brevi racconti, ciascuno con un proprio titolo, ciascuno con un proprio argomento più o meno pregnante. E sin da subito emerge dalle pagine la già consueta prosa che abbiamo imparato a conoscere e apprezzare nelle successive opere del Nobel. Ma con una differenza: la punteggiatura. Lo scrittore che, infatti, si è affermato per molteplici peculiarità, tra cui l’assenza voluta e studiata di una precisa e elaborata, punteggiatura, in questo scritto ne abbonda e non vi si sottrae.
Ma badate bene, il Saramago riflessivo, paradossale, mistico, c’è tutto e non delude. Buona lettura!
«Semplicemente lo stesso sole che ha sollevato le botole della malinconia e ci ha misurati con un metro troppo corto per il nostro orgoglio sorge, il giorno seguente, violento, aggressivo, mostrando crudamente gli spigoli vivi della nostra condizione di esseri sconnessi, insoddisfatti, disadattati. E allora, senza i lenitivi della luce radente, ci scopriamo di nuovo nel corpo a corpo con la realtà – e la lotta ricomincia. Quel che doleva torna a dolere. Dunque, che così sia. Raddrizziamoci nella verticalità ancora recuperabile, e andiamo avanti, con una forza nuovamente inventata nel disfacimento interiore delle nostre perplessità. Il sole ha questo di buono: è maestro di ogni lezione. Padre della nostra vita, compagno, filosofo che ci conosce da sempre, spettatore di miserie e allegrie. Ora sta scomparendo. A domani.»