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Otto storie in otto conchiglie
“Il Collezionista di conchiglie” è una antologia di otto racconti, all'apparenza piuttosto diversi l’uno dall'altro, ma tutti ben riuniti sotto un titolo che, oltre ad essere quello della prima storia, dà anche una buona misura del contenuto complessivo. Infatti le conchiglie, pur diverse le une dalle altre, attirano il nostro sguardo per qualche aspetto seducente e tutte hanno un elemento che le accomuna: hanno elevato ad architettura quello che era solo un baluardo difensivo; sono diventate elaborati castelli in miniatura, posti a difesa delle tenere creature che le abitano. Non diversamente dalle conchiglie anche gli otto racconti di Doerr ci mostrano vicende in qualche modo seducenti per qualche aspetto e, ad una attenta analisi, possiedono un’intrinseca caratteristica comune, al di là delle mere somiglianze esteriori (la pesca, l’Africa, una provincia americana un po’ triste e depressa, il fiume o il mare).
I protagonisti sono pervasi tutti dalla stessa peculiare inquietudine: un ansia, una bramosia irrefrenabile che li spinge fuggire da o verso qualcosa o qualcuno. Qualcosa o qualcuno che i più tra di loro neppure sanno identificare, ma che li turba nel profondo e dal quale sentono la necessità di difendersi. Tutte le storie, che spingono all’introspezione, poi hanno una certa malia e un’aura melanconica che affascina e seduce.
Così avviene che l’anonimo collezionista, protagonista della prima storia, “conchigliologo” di fama internazionale, fugga dal mondo, incomprensibile per i suoi occhi spenti, per rifugiarsi su una sperduta spiaggia keniota, usando la cecità come un fortilizio dietro cui nascondersi ed evitare ogni rapporto affettivo con gli altri esseri umani. Solo una serie di dolorosi accadimenti connessi ad un mollusco velenosissimo, ma con effetti collaterali insospettati, lo spingeranno, forse, ad aprire uno spiraglio verso gli altri.
Il cacciatore (anch’egli anonimo) si è sposato, poiché travolto da una impetuosa passione, con Mary, una sensitiva che “vede e fa vedere” i sogni altrui, anche dei morti. Tuttavia rifiuta ed è angosciato da quel dono che lo terrorizza. Lascerà andar via la donna pur amandola con trasporto, salvo, poi, cercare disperatamente di riconquistarne l’amore correndo da lei.
La piccola Dorotea San Juan proverà a fuggire dalla sua gabbia, le cui sbarre sono una madre troppo oppressiva ed un padre umiliato e scorato, dandosi alla pesca con la mosca di cui scoprirà il fascino e l’eleganza peculiari.
Griselda fuggirà dalla grigia realtà di Boise, Idaho, buttandosi nelle braccia del fantasmagorico “mangiatore di ferro”, non comprendendo, però, che la vera avventura è affrontare la vita di tutti i giorni, con le difficoltà che essa comporta, come fa, quotidianamente, sua sorella Rosemary.
I pescatori americani corrono per l’Europa verso un’irraggiungibile preda gigantesca che umili i colleghi britannici, ma forse che serva solo da conferma per loro stessi.
Joseph Soleeby è fuggito dagli orrori della guerra civile in Liberia, orrori, però, che sembrano averlo raggiunto sin sulle spiagge dell’Oregon. Forse però un orto clandestino e l’amicizia di una ragazzina sordomuta gli restituiranno la forza di vivere.
Anche Mulligan cerca rifugio nella pesca, per evadere da una moglie che non ama più e da un’amante troppo possessiva, ma il destino ci metterà lo zampino.
Naima, infine, corre perché ha sempre corso in tutta la sua vita, cercando di compiere quel passo ulteriore che la porti oltre la fine del sentiero imboccato. Quando questo passo in più significherà abbandonare la Tanzania ed i genitori per trasferirsi in Ohio, sposa di Ward, anticonformista solo quand’era in Africa, lo farà di slancio, per sentirsi, poi, però, intrappolata in una gabbia. Solo trovando la forza di riprendere la sua corsa rinascerà a nuova vita.
Mi sono avvicinato a “Il collezionista di conchiglie”, in un momento particolare nel quale non mi sentivo pronto ad affrontare la storia complessa e articolata di un romanzo lungo. I primi racconti, però, mi hanno sconcertato e confuso, e ho fatto fatica ad entrare in sintonia con lo stile narrativo di Doerr, il quale, tra l’altro, omette i segni di interpunzione per l'introduzione dei discorsi diretti e, spesso, usa un periodare ora convulso ora eccessivamente ornato alla ricerca di espressività poetica. Frequentemente le storie scaraventano il lettore nel mezzo di una vicenda già iniziata e ben sviluppata per abbandonarlo, improvvisamente, quando la stessa è ancora irrisolta, lasciandolo, così, interdetto in attesa di una vera fine. Quindi la piacevolezza complessiva ne risulta appannata.
Ho trovato molto poetica la vicenda di Dorotea di “Certi treni” e toccante in un modo struggente l’odissea di Joseph ne “Il Guardiano”, ma altri racconti mi avevano lasciato parzialmente insoddisfatto.
Solo sul finire, mentre leggevo Mkondo (che non per altro in Swahili significa flusso, ruscello, corrente, spiffero) e correvo nella savana a fianco di Naima ho individuato quell’elemento unificante, quella smania di fuga e compreso il senso generale della raccolta. Ciò mi ha anche fornito una spiegazione dell’inquietudine che mi trasmetteva l’intera lettura.
Scoperto questo fil rouge, l’antologia ha assunto un più completo significato ed una profondità maggiore che mi porta a rivalutare l’intera raccolta. Tuttavia, non mi sento di attribuirle un punteggio pieno, vuoi proprio per quel sottile affanno che essa trasmette, vuoi per la discontinuità estetica delle varie storie, vuoi, infine, per lo stile stesso che non ha incontrato il mio pieno gusto.
Comunque il libro, complessivamente, è di buon livello e consigliabile a tutti.
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Commenti
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Sulla questione della mancanza dei classici "due punti e virgolette" per l'introduzione del discorso diretto, posso dirti che, inizialmente, avevo pensato ad un refuso tipografico. Poi, però, mi son reso conto che era impossibile visto che tutti i racconti sono impostati allo stesso modo. Alla fine, ho capito il perché leggendo i ringraziamenti. Uno dei tanti è rivolto ad una scuola di "scrittura creativa", così, ho compreso: crea oggi e crea domani, alla fine si arriva all'astrattismo lessicale :)
Anche la costruzione di certe frasi ne sente l'influsso: molto infiocchettate, forse anche troppo...
Però globalmente la raccolta non è male: tieni presente che io sono sempre piuttosto avaro nei miei punteggi, nella speranza di poter usare il massimo solo per i veri capolavori.
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Per quanto riguarda l'omissione dei segni di interpunzione
e il discorso diretto libero ho una mia personalissima idea.. ..non lo posso tollerare!