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L'invisibile maledizione dell'occhio di Joyce Caro
Joyce Carol Oates è una scrittrice molto prolifica ed in corsa per il Premio Nobel per la letteratura. Ora esce, con l’editore Bompiani, L’occhio del male. Sono quattro racconti dai toni assai cupi. In ognuno di essi spicca il lato “visivo” della storia, all’interno del quale si narra sempre di relazioni affettive malate. Nella prima qualcosa non va in un occhio di un personaggio, la prima moglie di un noto scrittore; nella seconda si parla di stalking, quindi il tema rimanda allo spiare, a vedere nascosto, qualcuno, senza essere visto; nella terza è importante che la vittima abbia visto l’assassino e si rammenti di lui; nella quarta qualcuno abusa di una bambina, un parente, che non viene mai scoperto, mai visto come nel giorno della sua brutale morte. In pratica vi è la giovane moglie di un accademico di Berkeley, una studentessa di New York, un ragazzo associato ad una Fratellanza universitaria di Syracuse e una giovane donna imparentata con un ricco membro del Congresso americano. Tutti questi personaggi hanno in comune una particolare concezione dell’amore. Un amore che a volte deve finire, un amore che non si riesce a trattenere, un amore che confonde la mente e un amore che deve morire per permettere la nascita di un nuovo sentimento. “Ma nessun episodio era scatenato da qualcosa di così innocente e irrilevante. Nessuno era stato così sproporzionato.”
La brevità dei racconto rende la lettura piacevole, anche se al termine di ogni racconto si ha una sensazione di indefinito, di qualcosa lasciato in sospeso, nella particolare concezione dell’autrice secondo cui se è vero che un amore come nasce, lentamente, muore; dopo di che la sua morte lascia nella nostra anima un’impronta indelebile all’infinito. Una lettura “speciale”.