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Custode della memoria
Ogni giorno al Caffè Gluck di Vienna un piccolo omino se ne sta seduto a un tavolino di marmo, fermo e impassibile, con lo sguardo ipnoticamente incollato a un libro, dondolandosi avanti e indietro e cantilenando, come alla scuola ebraica gli hanno insegnato. E’ Mendel, Mendel dei libri. La sua memoria è straordinaria, conosce ogni libro che sia stato pubblicato, consiglia titoli per ogni argomento gli venga proposto e riesce a procurarsi anche testi apparentemente introvabili. La sua conoscenza prodigiosa e leggendaria si accompagna ad una vita modesta, fatta di piccole abitudini. Non trasforma la sua passione in fonte di guadagno, non ne trae compensi, se non l’ingenua soddisfazione si riuscire a dare risposte dopo che esimi bibliotecari hanno alzato le braccia.
Un amore per la conoscenza libero da ambizioni. Una passione che si fa vita. Una concentrazione assoluta, al punto da non accorgersi di quanto accade intorno a sé, al punto da non accorgersi che la guerra sta trasformando il mondo rendendolo un posto dove non c’è più spazio per i sogni senza lucro, non c’è più devozione per la saggezza, non c’è più rispetto per gli antichi valori. E quando la realtà incombe, con la sua forza deflagrante e violenta, le lenti del piccolo omino si frantumeranno, e Mendel non sarà più Mendel, e il mondo non sarà più il mondo. Cosa rimane allora? Solo i libri, per “difendersi dall’inesorabile avversario di ogni vita: la caducità e l’oblio”.
La penna di Stefan Zweig si dimostra straordinariamente elegante e misurata. Senza calcare la mano sui toni del dolore, ci regala una figura di raro splendore, capace, con la sua personalità unica e la sua commovente dignità, di fare breccia nel cuore del lettore. Una storia delicata e malinconica. E un invito a farci anche noi, come Mendel, custodi della cultura e della memoria.
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