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La vista da Castle Rock
 
La vista da Castle Rock 2016-09-06 15:27:27 annamariabalzano43
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
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Contenuto 
 
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Piacevolezza 
 
3.0
annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    06 Settembre, 2016
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L’autobiografia idonea ad una raccolta di racconti

Scrivere un’autobiografia che non trascuri lo studio di un albero genealogico è un’operazione che richiede una ricerca accurata di dati, informazioni, eventi che risalgono indietro nel tempo: è scrivere una “storia” nel senso più rigidamente etimologico del termine.
È ciò che fa Alice Munro in “La vista da Castle Rock”, almeno per quel che riguarda la prima parte del libro. La Munro, infatti, ripercorre la vita dei suoi avi, partendo dal XVII secolo, epoca in cui essi abbandonarono la Scozia. Dei membri della famiglia sui quali si sofferma, la scrittrice offre un ritratto realistico e convincente grazie alla sua abilità di fondere immaginazione e dati storicamente accertati. È proprio con questo studio attento dei suoi antenati che la Munro indaga sulla ragione del suo essere: il suo è un consapevole tentativo di approfondire la conoscenza di sé. E d’altra parte è proprio questo lo scopo principale di una autobiografia.
Dunque se nella prima parte di “La vista da Castle Rock”ci troviamo di fronte a una raccolta di racconti che compongono in definitiva un racconto unico, non molto diversa è l’impostazione della seconda parte, più vicina a noi nel tempo, in cui la scrittrice descrive episodi della sua vita, dall’infanzia a oggi. D’altra parte la forma autobiografica è l’ideale per narrare una serie di vicende con un protagonista e tanti personaggi collaterali. Ogni episodio potrebbe essere estrapolato dal contesto e costituire un corpo a sé, secondo lo schema delle “tales in the tale”.
Con “La vista da Castle Rock” la Munro approfondisce il rapporto con il mondo che la circonda, indaga sulle relazioni che la legano a parenti e ad amici, rievoca sentimenti e esperienze che segnarono la sua adolescenza, assumendo toni talvolta appassionati. Il legame con i genitori, con il padre, sempre pronto a cambiare lavoro, secondo le esigenze e le crisi economiche del ’29 e degli anni quaranta, con la madre, ammalatasi ancora giovane del morbo di Parkinson, con la nonna e la prozia, molto presenti nella sua vita, è raccontato talvolta con nostalgia e rimpianto, talvolta con una nota critica che rivela insofferenza. Non mancano descrizioni di luoghi che palesano un istintivo amore per la natura, come frequenti sono le visite a siti cimiteriali, quasi per una malcelata esigenza di acquisire una certa familiarità con il mistero che avvolge ciò che ci attende dopo la morte. Un libro interessante per chi ama le biografie e non teme i lenti ritmi narrativi.

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Commenti

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Presentazione esaustiva e di grande competenza, AnnaMaria.
Mi sono accostato ad un solo libro di racconti dell'autrice : non mi ha affatto entusiasmato (devo però dire che non sono lettore di racconti).
Neanch'io amo i racconti. Questo era il mio primo approccio con la Munro e , per quanto riconosca il valore del libro, non mi ha entusiasmato. Siamo piuttosto sulla stessa linea....
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