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Storie di ordinaria follia
 
Storie di ordinaria follia 2016-07-09 08:21:10 cesare giardini
Voto medio 
 
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Stile 
 
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Contenuto 
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    09 Luglio, 2016
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Un capolavoro della letteratura underground

Non è facile recensire Bukowsky, scrittore e poeta al di fuori dei consueti canoni, rappresentante singolare e principale, in lingua inglese, di quella letteratura (“ realismo sporco”) underground che si oppose negli anni Sessanta alla cultura popolare di massa. Scrittore anticonformista per eccellenza, ribelle ad ogni regola ed allergico a qualsiasi condizionamento ideologico, accostato alla cosiddetta beat generation ed a scrittori come Hemingway, Fante, Miller, Céline, seppe coltivare orgogliosamente una sua autonomia, con il suo stile informale, zeppo di frasi gergali e di espressioni colorite, ed il sovrano disprezzo per certa letteratura dei suoi tempi e soprattutto per il mondo ipocrita e falsamente perbenista in cui vivacchiava, perennemente ubriaco e perennemente a caccia di un lavoro decente per sopravvivere, di nuove esperienze sessuali e di editori disposti a dargli credito. Fragile e apparentemente indifeso, la sua produzione letteraria fu enorme, anche se poco valutata: uno spirito libero, sognatore a suo modo e delicato, che ha lasciato una traccia indelebile soprattutto nelle sue opere più spontanee ed importanti, tra cui “Storie di ordinaria follia”: una raccolta di racconti (42), pubblicati nel 1972, prevalentemente di natura autobiografica. L’autore racconta la sua passione per le corse di cavalli e lo stralunato mondo che le circonda, l’esperienza ospedaliera e le disavventure in carcere, gli incontri con gli scrittori del suo tempo, le conquiste femminili, i guai con le automobili, i sogni e le speranze, sino a quel piccolo capolavoro (“Animali in libertà”) in cui prefigura un lontano utopistico futuro di esseri viventi simbioticamente in pace con sé stessi e con la natura: gli argomenti di riflessione non mancano, Bukowsky può essere amato o odiato, ma a mio parere non si può negare che abbia lasciato una traccia indelebile, e che traccia!, nella letteratura del secolo scorso. ” Don’t try” (non provarci), ha voluto che fosse inciso sulla sua lapide: non muoverti, non tentare di accostarti allo stupido mondo che ti circonda, ma se qualcosa che ti va ti si avvicina, acchiappala e falla tua. E’ certamente una filosofia di vita.

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