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Il signore delle mosche
 
Il signore delle mosche 2015-08-24 16:28:14 Martin
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Martin Opinione inserita da Martin    24 Agosto, 2015
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Riflessione sul potere



William Golding deve la sua fama al Signore delle Mosche, un romanzo, da lui scritto e poi pubblicato nel 1954, che è ben ascrivibile alla gloriosa lista dei classici della letteratura di tutti i tempi. La trama si dipana a partire da un evento particolare: un gremito gruppo di ragazzi e bambini sopravvive a un incidente aereo e si scopre “gettato” su un’isola disabitata, lontana dal mondo degli adulti e delle regole. Sono due i ragazzi, l’avveduto Ralph e il temibile Jack, che si sfidano per detenere il potere, necessario per dar forma a una nuova civiltà, a nuove regole. A vincere la sfida è Ralph, eletto democraticamente, ma ben presto la sua “pedocrazia” si dimostra fallimentare e minata nelle fondamenta da paure che serpeggiano, viscide, fra i ragazzi, spaventati da una misteriosa Bestia che dimora sulla montagna, nel cuore della foresta. Crollato il tentativo di costruire una società, Jack e i suoi fedelissimi si allontanano da Ralph e regrediscono allo stadio di meri selvaggi, cominciando a compiere barbarie e delitti. Ralph diventa un avversario, un pericolo, un fuorilegge.
La storia, che procede a tinte sempre più fosche, si conclude con il salvataggio dei ragazzi “sopravvissuti”.
“Avrei pensato che un gruppo di ragazzi inglesi… Siete tutti inglesi, no?… Sarebbero stati capaci di qualcosa di meglio…” sono le parole amareggiate del militare che salva Ralph dalla furia di Jack e dei suoi cacciatori nell’ultimo capitolo.
La narrazione è ostruita qua e là da un descrittivismo naturalistico che toglie spazio alla caratterizzazione dei personaggi, che si rivelano solo abbozzati, ma in fin dei conti è scorrevole, icastica, piacevole, densa di significati degni d’analisi.
Il tema portante dell’opera è il male, che riesce a insinuarsi anche nelle menti di giovanissimi, ma trovo interessantissime le riflessioni circa il potere e i suoi meccanismi cui il libro conduce.
Il potere che sembra trovare suo punto d’origine nella paura più nera e ancestrale, come del resto formulò Thomas Hobbes: entrambi i leader, infatti, puntano la loro “campagna politica” su due paure, quella di rimanere per sempre sull’isola (Ralph è ossessionato dalla necessità di creare segnali di fumo) e quello irrazionale della Bestia, che Jack esorcizza e utilizza per manipolare i suoi uomini. Il potere che fa uso dei simboli (la conchiglia bianca di Ralph e il bastone con la testa di maiale di Jack), dell’efficacia delle immagini per trasmettere sensazioni e stimoli. Il potere che s’innerva in gerarchie marcate con la violenza. Il potere che ha bisogno di capri espiatori per spostare l’attenzione dalle proprie debolezze (il visionario Simone che sa la verità sulla Bestia viene scambiato per la Bestia stessa).
Il potere che è proiezione degli egoismi umani, cui non sono da escludersi neppure i fanciulli.

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