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Umani, troppo umani
Di felicità, in questi racconti, sembra davvero essercene ben poca.
Tra separazioni, famiglie troppo larghe, omicidi e suicidi, la Munro dipinge un affresco di una società tranquillamente triste.
Non c’è spazio per la depressione teatrale, per la follia omicida sbandierata o per simili esternazioni.
I personaggi spesso vivono la loro tristezza in modo riservato, senza neppure dover fare lo sforzo di trattenersi, sembra proprio che nulla, né in loro né nell’ambiente che li circonda, li spinga ad aprirsi, a manifestare i loro segreti e le loro solitudini, silenziosamente sofferte.
Questa presentazione non deve far pensare ad un libro deprimente, in quanto l’autrice riesce con grande maestria a farci percepire il realismo verista di queste vicende, senza tuttavia scaricare sul lettore la negatività dei personaggi, alle cui vite sembra di assistere per caso, non visti, come spiando dalla serratura.
Quindi fatevi tentare dalla curiosità, ficcate il naso nelle vicende altrui, ammirate il quadro che Alice Munro dipinge lentamente per voi, tenendovi per mano mentre costruisce vari racconti, brevi e meno brevi.
Come le sapienti pennellate di un grande artista, ogni racconto potrà concludersi in maniera serena, in linea con la narrazione, oppure con un’imprevisto sbaffo artistico che saprà sorprendervi.
Gli ultimi tocchi saranno dati dal racconto eponimo, una curiosa biografia di un personaggio particolare, una matematica russa vissuta alla fine del diciannovesimo secolo.
Forse l’unica, nella raccolta, a godere di vera felicità. Magari troppa.
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