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Poesia alcolica
“Non riesci più a stupirli, questi giovani. Sono diventati una razza superiore.”, recita Bukowski in uno dei 42 racconti brevi inseriti in questa famosissima raccolta. A parere mio Charles Bukowski è uno degli scrittori ancora in grado di stupire davvero la gente. Certo, o lo si ama o lo si odia. Ma se finisci nel primo gruppo, tra quelli che lo amano, allora capirai di cosa sto parlando.
Ammetto che Storie di ordinaria follia non sia una lettura facile, soprattutto se è il primo approccio al mondo di Bukowski. Io stessa non l'avevo apprezzato adeguatamente all'inizio, ne ho colto l'essenza solo dopo aver gustato anche un romanzo (Donne) e una carrellata di video-interviste e soprattutto poesie.
In questa raccolta di racconti il vecchio Bukowski inserisce molti spunti autobiografici, spezzoni di vita quotidiana al limite dell'assurdo, trip mentali guidati dal fumo e dall'alcol, donne discutibili e una valanga di verbi ancora più discutibili (bere, scopare, pisciare, bere, scrivere, morire).
Ripeto: non è facile da comprendere. Ma, se ci si impegna un po', è facile scorgere quell'inoppugnabile realtà dietro al cinismo, quell'insofferenza verso una società marcia e corrotta. Sarà anche considerato riprovevole scopare, bere e lasciarsi andare (fisicamente e moralmente), ma se è l'unico modo per un vecchio sognatore di sopravvivere in questo mondo, ben venga dico io!
Non si potrà mai comprendere Bukowski se ci si limita a questi racconti sparsi. Io credo sia necessaria, fondamentale, una lettura a qualche romanzo lungo e, ancora meglio, la visione delle sue interviste... basta ascoltarlo recitare una poesia, rispondere alle domande puntenti dei giornalisti per capire che “...cela una estrema sensibilità sotto una scorza di indifferenza...” (citazione presa da un altro racconto breve della medesima raccolta). Bukowski era un uomo fragile, un sognatore dostoevskijano, non voleva far altro che scrivere, stare con la sua donna e bere per sopravvivere a tutto il resto. Raccontare la sua vita, nello stile più disincantato e sincero possibile, condito da parolacce, massime da quattro soldi o “perle ai porci” credo sia stato per lui la miglior terapia possibile. Successo meritatissimo. Un attimo di riflessione in più prima di giudicarlo “un vecchio porco ubriacone pieno di parolacce, senza poesia”. Di poesia ce n'è, eccome.
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Commenti
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In quanto alla "discutibilità" dei verbi da te citati: ho letto critici e recensioni attaccare duramente le aspirazioni di falso scrittore di Bukowski, definendolo un "falso scrivere, pretenziosità letteraria". Hanno trovato sconvenienti i continui riferimenti alla morte e, non serve nemmeno dirlo, le migliaia di birre scolate nei suoi racconti.
Gloria
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