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La valle dei nostri sogni
Correva l’anno di grazia 1776 quando un militare spagnolo, alla ricerca di alcuni indiani convertiti e fuggiti da una missione della California, s’imbatté, sulla strada del ritorno, in una valle rigogliosa, verdissima, popolata di cervi, che lo portò alla commozione, tanto era bella da essere mistica. Disse, allora: “Questi sono i verdi pascoli del cielo ai quali il Signore ci conduce!”. E’ da quell’epoca che quella valle viene chiamata Las pasturas del cielo, cioè I pascoli del cielo.
Terra assai fertile, di facile coltivazione, lontana dalla civiltà rampante, rimase libera, selvaggia, primordiale.
Questa valle è il tema dominante di una raccolta di racconti scritta da John Steinbeck e pubblicata con il titolo I Pascoli del cielo nel 1932.
Tradotta l’opera da Elio Vittorini si cercò forzatamente, per la matrice comune dei testi, di considerarla un romanzo e ciò per fini commerciali, perché stranamente da noi la prosa breve non gode di particolari favori.
Eppure, qui ci troviamo di fronte a un autentico capolavoro, una summa di quel che sono le indiscutibili qualità di Steinbeck, capace di dare risalto agli umili per la loro limpidezza, con una serie di storie di natura completamente differente. Si va così dal piccino stregato Tularecito, un diverso (e qui l’autore americano è uno dei primi a porre l’accento su chi per nascita è meno fortunato di altri) alle sorelle ereditiere di una terra ingrata che sopravvivono cucinando tortillas per i contadini dei Pascoli, dalla bella donna Helen, al cui piacevole aspetto fisico si contrappone la tragedia familiare di un sangue corrotto, al giovane Jiunius, fuggito dal posto di impiegato in citta per trovare la serenità in questa valle magica, quasi da Giardino dell’Eden, in cui pur tuttavia, eterna condanna, il male nasce e si sviluppa.
Sono piccole storie, di gente comune, ma di esseri pulsanti che reclamano una loro dignità e un posto ben preciso lungo la strada della vita, costituendo insieme lo specchio di un’umanità che brulica e s’affanna dall’alba al tramonto, dalla prima all’ultima stagione, dalla nascita fino alla morte.
Di questi protagonisti inconsapevoli John Steinbeck è il cantastorie, che osserva con pudore e tenerezza, e comunque senza mai giudicare, la società americana dei pionieri, teatro di poche grandi fortune, di illusorie speranze e di tante piccole, insospettabili e ignote miserie.
I Pascoli del cielo è qualche cosa di più di un bel libro da leggere, è uno specchio in cui immergersi per trovare un mondo perduto, un ritorno alle origini di cui l’uomo moderno non può più fare a meno.
La mano dello scrittore ci conduce a ricalcare i passi di chi ci ha preceduto, un viaggio dentro di noi da cui non si vorrebbe più tornare.
Leggetelo, immergetevi nelle sue atmosfere, e poi non potrete che convenire che si tratta di un capolavoro.