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le figli perdute della Cina
Un libro decisamente interessante, pensavo fosse una raccolta di testimonianze sulle donne costrette ad abbandonare le proprie figlie ma invece è molto di più, l’autrice ci guida in un mondo che sembra lontano anni luce da noi, ma purtroppo non lo è, in Cina il controllo delle nascite e l’importanza del figlio maschio sono ancora molto radicati, soprattutto nella Cina rurale.
Le testimonianze sono agghiaccianti, donne costrette veder uccidere le proprie figlie appena nate, donne che scelgono di sbarazzarsene nell’anonimato perché se venissero scoperte a loro sarebbe preclusa la possibilità di avere altri figli , l’autrice ne ha incontrate parecchie e ha raccolto le loro testimonianze, il loro strazio, la preoccupazione di non sapere dove sono andate a finire perché poche, soprattutto negli anni indietro, sono le documentazioni che attestano le adozioni e di moltissime bambine si sono perse le tracce, inoltre solo in anni recenti sono state aperte le adozioni internazionali .
Lo stato punisce con sanzioni chi non rispetta la legge sul controllo delle nascite , si rischia di perdere il lavoro e di mettere a rischio quindi il futuro dell’intera famiglia, e premia con agevolazioni chi invece la rispetta .L’autrice stessa anni addietro voleva prendere con se una bambina abbandonata in ospedale, ma essendo lei già madre di un bimbo ha dovuto rinunciare perché minacciata dal datore di lavoro di essere licenziata e quindi dopo pochi mesi è stata costretta a riportare la piccola Neve (così l’aveva chiamata) in uno dei tanti fatiscenti orfanotrofi privi di fondi per garantire una vita decorosa a queste bambine.
Il libro non si legge con facilità, un po’ perché le storie sono molto commoventi ,e poi è veramente ricco di informazioni sulle leggi cinesi, date…. Insomma non è scorrevolissimo, colpa anche dei vari salti temporali, un po’ parla del presente, un po’ si riferisce agli anni indietro e a volte ho fatto fatica a capire come stanno ad oggi realmente le cose, forse io l’ho letto con poca attenzione o forse lo stile di scrittura è un po’ ” confusionario” .
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Grazie della segnalazione, Katia!