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Il signore delle mosche
In un tempo non precisato, con il mondo in balia di un conflitto, un aereo precipita in un'isola tropicale deserta e i soli superstiti sono bambini. Con incredibile disciplina e senso democratico, facendosi forti di essere inglesi, si organizzano eleggendo un capo, organizzando assemblee, distribuendosi compiti in quello che a loro sembra un paradiso tutto per loro, senza adulti, nell'attesa di essere salvati. Ma tutto questo dura poco.....
Il bene trionfa sempre sul male? I bambini innocenti e puri trasformati poi dalla vita? Per William Golding non è così. Nel suo romanzo d'esordio, grande successo mondiale che non riuscì più a replicare, il male è insito nell'uomo sin dalla più tenera età. L'autore sceglie per protagonisti proprio dei bambini per dimostrarlo e questi ragazzini, dopo una breve parentesi iniziale, perdono tutta la loro civiltà e liberano i peggiori istinti regredendo ad uno stato selvaggio e non per soddisfare i semplici bisogni primari ma solo per dimostrare la loro superiorità e per placare la loro sete di violenza. La paura dell'ignoto (una bestia inesistente) e una forte leadership (non importa quanto nel giusto) bastano per far emergere gli istinti primordiali e per compattare tutto il gruppo verso una deriva sanguinaria che ogni singolo aborrirebbe. Un messaggio attualissimo questo di Golding; sappiamo che se al posto della bestia dell'isola mettiamo ad esempio lo straniero, o il terrorismo, un forte capo di stato può creare nemici anche dove non esistono e guidare interi popoli verso guerre assurde e devastanti.
Il romanzo, anche se scritto con una prosa un po' troppo elaborata a volte, siamo negli anni cinquanta, è coinvolgente e trascina il lettore in un incubo che cresce pagina dopo pagina. Il finale, Deus ex machina, poteva anche essere diverso, ma non ha poi grande importanza visti i tanti spunti e significati che ha offerto il romanzo. Non può mancare in una libreria.