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romanzo, e il titolo è un ossimoro
Non è contando il numero delle pagine che si arriva a classificare un libro! Un racconto, lungo o breve che sia, ha una diversa scansione narrativa di quella di “Una storia semplice”. I tempi narranti e lo sviluppo della trama sono senz’altro quelli del romanzo. Vedi la caratterizzazione e il numero dei personaggi, i vari punti di vista, le scene diverse e, soprattutto, il ritmo. Ma è tutto merito dell’autore, che in così poche righe ha saputo espandere un mondo narrativo a sé stante, così completo che altri autori – con storie simili – ci raccontano generalmente in 400 pagine. Sciascia incarna lo spirito siciliano alla grande: sintetizzando, si può dire nel palmo di una mano, ironia, mimica e realismo. Il solo titolo, “Una storia semplice”, ha una funzione ben determinata nel romanzo: un ossimoro che lo si scopre leggendo proprio la trama ma il cui rimando Sciascia ce lo offre con i pensieri del personaggio - colonnello (…il colonnello vide, invece, il caso molto complicato). Un ossimoro che con il “siciliano sentire” si trasforma in pura ironia; un’ironia che ci racconta il sopruso, una certa mafiosità, che fa capire, che spinge oltre l’interpretazione. E tutto questo Sciascia ce lo offre scrivendo in puro italiano, senza utilizzare cioè quel dialetto siciliano che di per sé è già intriso di ironia. L’ironia e la “sicilianità” di Sciascia sono tutte al netto, farina del suo sacco. Un grande.