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Don Camillo
 
Don Camillo 2020-04-19 15:12:59 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    19 Aprile, 2020
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Gente perbene

Il cinema ne ha dato una versione piacevole, forse, popolare ma troppo macchiettista, limitata, mirata esclusivamente a far leva sulla comicità, più che sul sarcasmo e sulla arguta ironia, nonché sulla morale, insita nelle storie all'origine delle sceneggiature.
Senza contare che le pellicole tratte dai libri devono molto alla personale caratterizzazione data ai personaggi da due attori, che allora andavano per la maggiore, quali Fernandel e Gino Cervi.
Tuttavia “Mondo Piccolo” e i libri successivi nati dalla penna di Giovannino Guareschi, non sono dei ritratti divertenti basati sullo scontro tra due antagonisti storici, litigiosi e dispettosi per partito preso.
Non sono racconti basati su uno schema collaudato, come nei cartoni animati, per esempio l’eterna lotta tra Will Coyote e Beep Beep, o Silvestro e Titti, dove ognuno dei due si ingegna nei modi più strambi di sopraffare l’altro, ed il buono predefinito finisce sempre per vincere. Assolutamente.
Giovannino Guareschi, giornalista e scrittore emiliano del secondo dopoguerra, non è un comico, o un raccontatore di cronache divertenti. Direi che è un buon scrittore, soprattutto un uomo buono.
Un sagace osservatore della realtà sociale dei suoi tempi, certamente.
Un artista dalla grande sensibilità umana, mediata dalle proprie dolorose esperienze personali. Guareschi ha sofferto in prima persona la tragedia della guerra, dapprima come militare e poi come internato, prigioniero di guerra in un lager, per essersi rifiutato di combattere contro i propri connazionali dopo l’armistizio.
La fame, le privazioni, i dolori, hanno influito incisivamente sull'animo sensibilissimo dell’artista della Bassa emiliana, influenzandone anima e scrittura.
Sempre nei suoi scritti emerge una forte critica e severità verso i potenti, gli intrallazzatori, i guerrafondai, gli affaristi; e contro i guasti della società, di cui sono responsabili.
Soprattutto il consumismo, il freddo materialismo che si stava approntando, spodestando i buoni, semplici, imperituri, sani valori che derivano dalla cultura naturale, contadina sì, ma solidale, armonica e armoniosa, come la Natura stessa, come il grande Fiume sullo sfondo delle sue storie.
Camillo Tarocci, parroco, e Giuseppe Bottazzi, sindaco, in arte Don Camillo e Peppone, non sono affatto, tra l’altro, i protagonisti del romanzo a puntate, dispiegatosi in volumi successivi, o racconti raccolti in volume, che dir si voglia, trattandosi all'inizio della loro comparsa di novelle su giornale, che nell'insieme costituiscono la saga, lunga e complessa, di “Mondo Piccolo”.
Lo ripeto, non sono loro i protagonisti, sembra strano, ma sono i comprimari.
Il vero protagonista dei libri di Guareschi è uno solo, l’unico, il Cristo sulla croce.
Questo del titolo è un mondo assai più grande, in verità, una terra grande quanto il pianeta, e nemmeno reale e concreta, direi onirica.
Una terra che è un sogno, un mondo ideale, un luogo di pace, concordia, solidarietà, al di là di ogni ideologia e modo di vedere.
Un posto dove ognuno trova da vivere, da lavorare, da amare, da mettere su famiglia, crescere i figli con la stessa cura con cui aiuta a far crescere i frutti della terra.
All'ombra del grande fiume, che dà e che toglie, che pretende cura nel rinforzare gli argini, e in cambio rende fertile la terra, prodigandosi per il benessere collettivo.
Giovannino Guareschi ha delineato nei suoi racconti non tanto un preciso, e dettagliato in verità, spaccato della piccola provincia italiana nell'immediato dopoguerra.
Neanche ha voluto sottolineare la divisione tra due Italia.
Semplicemente, ha voluto indicare che altro dovrebbe essere la vita, altro il mondo, piccolo nelle dimensioni, ma grande per i valori che dovrebbe accomunare tutti.
Guareschi ha voluto mostrarci un paese di gente perbene, diversa per quanto possano essere le persone, ma unite tutte sotto una stessa croce, un unico valore.
Perciò il vero protagonista dei libri di Guareschi è uno solo, l’unico, il Cristo sulla croce.
Quello che parla con Don Camillo…e cosa ci sarebbe di strano?
Non è forse il Cristo il datore di lavoro del prete Don Camillo?
Non dovrebbe comunicargli le sue disposizioni?
A chi non è capitato di parlare con la propria coscienza?
Chi credete che sia il Cristo, se non la parte buona, onesta e sincera di noi stessi?
E non parla solo al prete: parla anche al cuore del sindaco comunista, sì, ma che nascostamente si è sposato in chiesa, ha battezzato i figli, si segna furtivamente davanti all'altare, e sempre, sempre, sempre ascolta la voce della sua coscienza, il Cristo che parla al suo cuore e dirige il suo agire secondo i precetti del comune buon senso.
Lo dice lui stesso: “…nel segreto dell’urna, Dio ti vede e Stalin no”, e perciò traccia il suo voto a favore del parroco eterno antagonista, fingendosi furibondo, ma in realtà in pace con sé stesso.
Il comune buon senso…che si chiama così proprio perché è Buono.
Il comune buon senso…che è l’omonimo dell’Eterno Buono.
Il Cristo sulla croce è il simbolo del valore assoluto che dovrebbe guidare la vita di ognuno: l’umanità.
Guareschi con Mondo Piccolo auspica la creazione di una società a misura d’uomo, dove i valori dell’Amore, della Solidarietà, della Comunione, della Condivisione siano i pilastri fondanti del vivere civile.
Sono gli stessi valori sia del cattolicesimo che del socialismo, a ben vedere, come dire che Gesù era un bravo compagno e Stalin un bravo Cristo.
Per intendere questo, Guareschi descrive due paesi, che in realtà possono e devono convivere, magari stringendosi un pochino, ma dove possono tranquillamente starci tutti, tutte persone perbene.
Un’Italia cattolica, per teorica definizione retriva e reazionaria, rappresentata da Don Camillo, prete poco caritatevole in verità, un ecclesiastico brusco, per non dire burbero, un uomo che va per le spicce, anche a costo di tirare fuori dalla tonaca un palo di pioppo per rimettere le cose a posto a modo suo, e che inevitabilmente con il suo sottanone nero richiama il nero dei manganellatori d’epoca recente, il cui ricordo è ancora ben vivo nella memoria dei contemporanei.
Contrapposta all'altra metà del paese, all'altra Italia, un’Italia progressista e socialista, almeno nelle intenzioni, guidata con altrettanto brusco cipiglio dal sindaco comunista Peppone, che smessa la divisa di indefesso, fedele e solerte militante del partito, indossa gli abiti a lui più congeniali, la tuta sporca di grasso dell’unica officina del paese, dove presta la sua opera come valente meccanico.
Quindi, a prima vista, i racconti presentano sempre un episodio del vivere comune, che a causa delle diverse e contrapposte ideologie, porta a d uno scontro tra le due diverse fazioni capeggiate dai caporioni carismatici.
Sempre però trovano un punto d’incontro; sempre predomina l’amicizia, la stima, il rispetto…sempre predomina la voce del Cristo, il buon senso.
A significare che non sarebbe poi tanto difficile vivere a misura d’uomo.
Lo sanno perfettamente Don Camillo e Peppone, hanno fatto insieme la guerra, sono stati decorati insieme, ognuno di loro ha fatto del suo meglio come meglio poteva, nascondendo i partigiani Don Camillo, e portando aiuto fisico e morale ai feriti, imbracciando il mitra contro i tedeschi Peppone. Ma sono intercambiabili: Don Camillo sa usare perfettamente un mitra, Peppone sa dipingere con maestria la statuetta del Bambinello del Presepe.
Perché ognuno dei due si adatta, con buon senso, e insieme si danno reciproco aiuto e conforto, e lo stesso fanno tutti gli altri protagonisti del Mondo Piccolo: lo Spiccio, lo Smilzo, il Brusco, il Bigio, Straziami, la vecchia maestra…
Su tutti, veglia il Cristo, e sorride.

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Giovannino Guareschi, e a chi è curioso di conoscere l'atmosfera della provincia italiana nell'immediato secondo dopoguerra.
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