Dettagli Recensione
Nuvole.
«Perché quei luoghi di sabbia di cui le aveva parlato sua madre quando era bambina erano rimasti sepolti nella sabbia della sua memoria?»
Nove racconti, nove testi tra loro perfettamente ben congeniati e suddivisi in sezioni dedicate a tematiche differenti, nove e più voci tra loro interconnesse, sono i protagonisti de “Il tempo invecchia in fretta” di Antonio Tabucchi. Tempo. Tempo che va. Tempo che scorre. Tempo fugace. Tempo effimero. Tempo malinconico. Tempo e uomini. Tempo. Un unico grande filo conduttore, un unico grande filo rosso che accompagna e conduce il lettore trasmettendo, battuta dopo battuta, nella sua anima un senso di nostalgia, di mestizia, di inquietudine, di riflessione per quell’esistenza che scorre, per quel vivere che talvolta è soltanto un sopravvivere.
Il ricordo. Il ricordo quale strumento per ricostruire, per trasmettere quel rimpianto trasmutato nel presente o ancora declinato al futuro, per narrare di rapporti familiari, di quotidianità, di incontri casuali e talvolta fortuiti in quel crescere, di poi quell’invecchiare, in quel mutare, quel diventare che è fase obbligata di ciascuna realtà individuale o collettiva. E tra queste pagine vi è anche genuinità, innocenza, dolcezza. La dolcezza di scoprire le cose belle, di viverle, di respirarle. Di renderle proprie. Tra i tanti racconti, una ragione particolare la assume “Nuvole” con la bambina calva che ha trovato la cosa più bella del mondo.
«Aveva una voce gioiosa, piena di vita, come quando la vita, attraverso la voce, afferma se stessa, caparbia. La bambina ripeté la frase proprio mentre gli passavano accanto, e nel parlare fece un largo sorriso: ma questa è la cosa più bella del mondo! Il vialetto continuava in discesa fino a una clinica che si trovava in mezzo al parco. Avevano smesso di parlare ma sentiva il rumore delle ruote della carrozzella sul ghiaino. Avrebbe voluto voltarsi, ma non gli riuscì. La cosa più bella del mondo. Lo aveva detto una bambina calva trascinata in carrozzella da un’infermiera. Lei sapeva quale era la cosa più bella del mondo. Lui invece non lo sapeva. Possibile che alla sua età, con tutto quello che aveva visto e conosciuto, non sapesse ancora quale era la cosa più bella del mondo?»
A render chiaro e inequivocabile il profondo significato dell’opera sin dal suo principio è il frammento presocratico di Crizia: “Inseguendo l’ombra, il tempo invecchia in fretta”. Poche parole che sono capaci di far riflettere sulle illusioni, su quelle speranze di cui talvolta ci nutriamo per andare avanti, per trovare un perché. Ma quanto tempo sprechiamo davvero dietro le illusioni? Quante occasioni abbiamo perduto per inseguire un qualcosa di tanto effimero quanto momentaneo? E ancora, quanto è cambiato questo mondo? Perché la logica sembra esser diventata un qualcosa di così raro, effimero, strano?
«Sai una cosa?, disse l’uomo, tu sei una ragazza logica, hai il dono della logica, e questo è carinissimo, secondo me oggigiorno il mondo ha perso la logica, è un vero piacere incontrare una ragazza con logica, posso avere il piacere di fare la tua conoscenza? Come ti chiami?»
Nove storie, nove e più voci, nove piccole perle che restano perché non c’è futuro senza memoria. Nove storie, nove e più voci, nove piccole perle destinate al conoscitore con una prosa che è poesia, con uno stile narrativo fluido che conquista e rapisce.
«Come può essere presente la notte. Fatta solo di se stessa, è assoluta, ogni spazio è suo, si impone di sola presenza, della stessa presenza del fantasma che sai che è lì di fronte a te ma è dappertutto, anche alle tue spalle, e se ti rifugi in un piccolo luogo di luce di esso sei prigioniero perché intorno, come un mare che circonda il tuo piccolo faro, c’è l’invalicabile presenza della notte»