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Il giorno dell'apoteosi
Premetto che il mondo del calcio, quello sportivo, professionistico per intenderci, mi ha sempre interessato poco, anche se in gioventù, quando il Mantova era in serie A, seguivo tutte le partite in casa, attirato, più che dall’incontro, dalla varietà dei personaggi presenti sugli spalti, un campionario di individui di indubbio interesse.
Maurizio de Giovanni, scrittore di razza e di alta qualità (sua è la serie di bellissimi romanzi con protagonista il commissario Ricciardi), napoletano verace, ha ovviamente nel cuore la squadra di calcio della sua città e con questo racconto la coglie nel momento della sua apoteosi con la conquista del primo scudetto.
La passione per questo sport è presente nel narratore, ma è preponderante l’osservazione dell’ambiente, degli uomini che si agitano negli stadi, insomma diciamo che, un po’ come me, ha un occhio più alle gradinate che al campo di gioco. Quello che lo differenzia da me è il saper tramutare in parole scritte le sensazioni e le emozioni di quei momenti, con una verve comica che non nasconde anche una certa ironia, più verso se stesso per quella trepidazione per la squadra del cuore di cui è orgoglioso, pur nella consapevolezza dell’incomprensibile irrazionalità che è propria del tifoso.
Dalla sua penna escono così pagine memorabili, con protagonisti che se non sapessi per esperienza che esistono sembrerebbero inventati, in un’atmosfera gioiosa che non può non trascinare all’entusiasmo il lettore anche se non sostenitore della squadra partenopea.
Riflessivo, quasi a voler far emergere dalla memoria i particolari di un giorno indimenticabile, Ti racconto il dieci maggio resta comunque uno splendido esempio delle capacità di questo scrittore che, oltre a un’indubbia eccellenza stilistica, rivela un’indole non comune nel saper vedere nell’animo dei protagonisti, andando ben oltre quelle che possono solo sembrare le apparenze dei gesti e dei comportamenti.
Leggere le pagine di questo piccolo libro è stato veramente piacevole, addirittura coinvolgente, e quindi sono dell’idea che possa interessare non solo i napoletani, che pure ne hanno fatto incetta, ma tutti, in uno sport come il calcio fatto non solo da ventidue uomini in campo che corrono dietro a una palla, ma anche da un numero imprecisato di individui che, trepidanti sugli spalti, corrono con loro.