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Grande delusione
La prima domanda che mi sono fatto, ultimata la lettura, è perché mi sono procurato questo libro. Non è certo perché conoscessi già l’autore, a me quasi completamente ignoto fino a poco tempo fa, né per via del titolo, di quei mammut che avevano una vita segreta nella Pianura Padana. Il motivo è molto più semplice, ma è anche quello che ha condizionato le aspettative fin da subito: La vita segreta dei mammut nella Pianura Padana ha vinto il Premio Chiara edizione 2017. Il nome di Piero Chiara ha spalancato in me ogni porta, atteso che ho sempre stimato molto il narratore di Luino, a mio parere uno dei più grandi scrittori italiani, cantore di quel piccolo mondo provinciale in cui, ma ancora per poco, si riescono a riscoprire il senso e il piacere della vita. Ho immaginato subito che il concorso riguardasse opere relative a queste entità circoscritte, che non sono necessariamente quelle in sponda al lago Maggiore, ma che sono presenti in ogni parte d’Italia, a patto di avere la pazienza di scovarle. Ecco, l’autore del libro premiato, Davide Bregola, è un ferrarese che si è trasferito a Sermide, nel mantovano, e quindi poco lontano dal suo luogo natio. Questo, come il mio, è un paese rivierasco del Po e in genere le caratteristiche di chi vive lungo il grande fiume sono simili, e in ogni caso è possibile cogliere in queste piccole realtà personaggi di particolare interesse, buoni a sviluppare una storia che può oscillare dal drammatico all’ironico e che diventano assoluti protagonisti grazie all’abilità di chi scrive. Quindi, all’inizio le mie aspettative erano molte, aspettative che purtroppo sono andate subito deluse, perché nel libro, di difficile classificazione (sempre narrativa, ma se ha poco del romanzo ha ancor meno della raccolta di racconti), si propongono tutta una serie di fatti, o di eventi se preferiamo chiamarli così, tutto sommato di scarso interesse, o addirittura banali. Ma se la vicenda può avere uno sviluppo modesto, importante resta la figura del protagonista, che grazie all’abilità del narratore, deve diventare un personaggio memorabile. Non si tratta di ricreare l’Emerenziano Paronzini della Spartizione, oppure l’Augusto Vanghetta di Il pretore di Cuvio, né del resto si potrebbe pretendere di raggiungere le vette eccelse di Chiara, ma non ha senso inserire dei protagonisti che non hanno spessore, perché è evidente che, in questo caso, attesa anche la modestia della vicenda, la lettura si trascinerà sempre più penosamente fino alla fine. Anche se devo ammettere che questa civiltà rivierasca del Po sta smussandosi nel tempo, tuttavia soggetti che possono accendere la fantasia esistono tuttora. Insomma, per farla breve, mi è rimasta l’ultima domanda, e cioè come mai un libro di così modesta levatura si sia aggiudicato il Premio Chiara. Non credo che riuscirò a trovare la risposta, né a questo punto mi interessa.
Da leggere questo libro? Mi sembra che la risposta sia implicita in ciò che ho scritto.
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Commenti
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Ah, l'Emerenziano de "La spartizione" di Piero Chiara: indimenticabile!
Già questi titoli, come "...vita segreta...", insospettiscono. Poi la questione dei premi ; è difficile entrare in questo ambito, però è possibile che fra i libri partecipanti non ci fosse di meglio.
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