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Sincerità e senso di appartenenza
Dal confronto tra Mauro Corona (scrittore, alpinista e scultore) e Luigi Maieron (musicista e scrittore) amici friulani, amanti della montagna, della natura e della “cultura del fare”, nasce questo testo che è un compendio di pensieri, citazioni e aneddoti che ci fanno rivivere il gusto delle storie narrate attorno al focolare e delle canzoni d'autore accompagnate dal suono della fisarmonica.
Otto capitoli che vedono alternarsi due voci su argomenti comuni: i rapporti tra le persone, il perdono, la sconfitta, il senso della vita, l'educazione dei giovani.
Corona e Maieron si esprimono con semplicità, spesso citando parole o proverbi in dialetto, lingua che meglio “esprime pensieri legati al reale”. Tra una riflessione e l'altra raccontano le vicende, divenute leggendarie, della loro gente, persone di cui non è rimasta traccia nei libri, ma che hanno ancora molto da insegnare. Storie di donne coraggiose e tenaci come Anna che, dopo aver percorso chilometri nella neve per raggiungere il marito in Carinzia, reagisce all'umiliazione del tradimento con il silenzio, sfilandosi la fede nuziale e tornando al paese dai suoi figli. Storie di uomini mutilati nel corpo, ma non nello spirito che hanno continuato a suonare, a lavorare, a godersi la vita anche se privati di un dito o dell'intera mano; storie di giovani fucilati in tempo di guerra, accusati di tradimento, vittime innocenti della cieca stupidità degli uomini.
Coinvolgenti gli accenni autobiografici dei due autori: Corona racconta in più occasioni di suo padre, uomo violento e molto autoritario che spesso ha definito il figlio un fallito; alla luce dei ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza, lo scrittore rilegge la sua vita come una reazione alle umiliazioni subite e l'alcolismo di cui è stato vittima come una fuga sbagliata dalla sofferenza. A questo argomento ribatte l'amico Maieron affermando che la fuga va trovata in una passione che, indipendentemente dai risultati, possa riempire l'esistenza e lenire il dolore. Maieron a tal proposito cita la storia di sua madre quando, appena sedicenne, rimase incinta di un uomo già sposato, giunto in Friuli per lavoro. La ragazza affrontò con coraggio una gravidanza indesiderata e invisa alla gente del posto e con orgoglio perseguì la sua passione, la musica, portandosi il piccolo Luigi in motocicletta durante le serate. Il dolore non si può evitare, aiuta a crescere e “le lacrime servono ad asciugarci gli occhi per poi vederci meglio” ci ricorda Maieron citando il motto preferito di sua madre: “preferisco una sconfitta alle mie condizioni a una vittoria alle condizioni degli altri”.
Corona e Maieron guardano con sospetto ad una società in cui ai giovani vengono risparmiate le fatiche e ci mettono in allerta rispetto ad un'educazione che elargisce troppe gratificazioni; gli autori invitano i genitori di oggi a non aver paura di sottoporre i bambini alle difficoltà, perché è dalle prove che emerge il carattere. La critica più accesa è però rivolta alla frenesia di un mondo proiettato al successo individuale, al primeggiare per sentirsi elogiati ed invidiati dagli altri in una comunità ormai costituita per la maggior parte da persone fragili incapaci di reagire alle sconfitte.
“Qui c'è tutto quello che mi serve, quasi niente” afferma Corona riferendosi al suo rifugio di montagna, “un angolino dell'anima dove nascondersi. Nascondersi un po' da tutto, dalla gente, dal paese, dagli amici, trovare il tempo per ricordare e riflettere” (Mauro Corona, p. 150)
“Oggi si muove un nuovo concetto di minoranza (…) uomini e donne che sentono il bisogno di accordare il proprio comportamento con quanto batte nel loro cuore (…). Si accontentano di poco, quasi niente, e mettono sincerità e senso di appartenenza al primo posto” (Luigi Maieron, p. 155)