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Eccellenza dell’essenzialità
Come i preziosi distillati che racchiudono il loro pregiato gusto in poche gocce da sorseggiare, i romanzi di Leonardo Sciascia non finiranno mai di stupirmi per la capacità di condensare altissimo valore stilistico e profondità di contenuto in una manciata di pagine. Nel suo modo sottile e pacato, senza proclami e senza retorica, l’autore riesce, in un racconto di poco più di sessanta pagine, a rappresentare la società con lucidità e ironia, denunciandone soprusi e contraddizioni. Bastano poche argute battute, qualche precisa pennellata e un intreccio apparentemente semplicissimo per dire tutto. Perché, davvero, a questo piccolo elaborato non manca proprio nulla.
La “storia semplice” è il presunto suicidio di un diplomatico in pensione, una storia che sembra già scritta, con un colpevole che accontenta un po’ tutti. Ma un solerte brigadiere, spinto da onestà intellettuale e naturale curiosità, non si fermerà all’apparenza delle cose e porterà avanti un’indagine che nessuno sembra aver interesse ad approfondire, trovandosi così coinvolto in una “storia complicatissima” di mafia, traffico di droga e corruzione.
Con la solita penna essenziale e ricercata, di dialoghi brillanti e sottile ironia, l’autore siciliano mette ancora una volta in scena temi a lui cari quali la corruzione delle istituzioni, la connivenza con il potere mafioso, l’omertà diffusa. Perché etica e onestà si pagano spesso a caro prezzo e la verità finisce così per piegarsi alla paura e alla convenienza personale.
Si nota come in questo racconto manchino quasi completamente descrizioni dell’ambientazione e dei personaggi. Siamo in un commissariato dove il potere è malato e colluso. Siamo in un paese in cui anche la religione puzza di malaffare. Siamo in Sicilia ma in fondo potremmo essere ovunque e quest’assenza di coordinate geografiche e umane sembra quindi una scelta che aggiunge, invece che togliere. Aggiunge universalità.
Ancor più emblematica appare allora la frase di Durrenmatt, scelta come epigrafe al testo: “Ancora una volta voglio scandagliare scrupolosamente le possibilità che forse ancora restano alla giustizia”. E ancor più amaro è pensare che nell’ultimo suo scritto, datato 1989, l’anno della sua morte, Sciascia non abbia concesso alcuna possibilità alla giustizia, che soccombe ai soprusi, ai silenzi e all’opportunismo caratterizzante la società in cui viveva. La società in cui viviamo.
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Commenti
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Ti segnalo la bella biografia scritta da M. Collura, intitolata "il maestro di Regalpetra".
quest'anno devo assolutamente leggere qualcosa di Sciascia
Sciascia per me vale sicuramente una lettura o una rilettura. Proprio un anno fa ho letto il mio primo romanzo di quest'autore, "A ciascuno il suo", per me probabilmente il più bello, e ne ho ancora molti da recuperare quest'anno!
Buona lettura!
Le atmosfere di "A ciascuno il suo" mi sono parse inarrivabili ma il personaggio del capitano Bellodi de "Il giorno della civetta" è in effetti quello che, a distanza di tempo, mi ha colpito di più. Profumano di fatto entrambi di capolavoro.
Grazie ancora, Manuela
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