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Una reliquia provoca un "miracolo" letterario.
Sono otto racconti scritti nell’arco di diversi anni, che coprono un periodo della storia italiana molto vasto: si va dall’impresa garibaldina sino a metà circa del secolo scorso. Lo stile non è sempre lo stesso: ora più stringato, quasi che la narrazione volesse giungere rapidamente a conclusione, ora più ragionato, riflessivo, quasi che gli eventi storici narrati fossero più meritevoli di un’analisi dettagliata. Sono momenti diversi, situazioni caratterizzanti epoche diverse, tutte comunque illuminate dall’arguzia e dall’ironia tipiche del Camilleri che conosciamo. Il titolo è dato forse da uno dei racconti meno riusciti, “La cappella di famiglia”, che inizia con fortuiti incontri tra un bellimbusto locale e la solita vedovella inconsolabile in visita alla cappella cimiteriale di famiglia: il prosieguo e l’evolversi degli eventi hanno un sapore tragico e surreale, tra cappelle funerarie in restauro e sparatorie tra i loculi. Gli altri racconti, sempre e come di consueto divisi in quattro capitoli, toccano eventi e argomenti tra i più disparati, dalle tragicomiche sfide a duello tra signorotti della nobiltà sicula (“Il duello è contagioso”), duelli che non avverranno mai per l’inopinata mancanza delle armi designate, alla furbizia di un’astuta picciotta (“Teresina”) che s’impossessa di un ingente patrimonio, dalla tragicomica storia di un finissimo intenditore di cibi (“Il palato assoluto”) conteso da ristoratori e mafiosi, alla doppia vita (“La rettitudine fatta persona”) di uno straordinario don Fefè, ipocrita e falso moralista ma dai comportamenti apparentemente irreprensibili….. Ed ecco, dopo “ L’oro a Vigata” (storia di un bambino dalle eccezionali capacità) e “Il morto viaggiatore” ( surreale percorso di un cadavere che sembra trovare da solo la strada per il cimitero), una parentesi storica, basata su fatti realmente accaduti, già pubblicati da Sellerio nel 2002 e rielaborati da Camilleri ne “Lo stivale di Garibaldi”. E’ forse il racconto migliore, che ricorda le disavventure del prefetto Falconcini inviato in Sicilia dopo l’unità d’Italia e costretto ad assistere, dopo averne dato pur contro voglia l’autorizzazione, alla sfilata per le vie del paese di una storica reliquia, lo stivale insanguinato di un Garibaldi sicuramente poco amato dagli occupanti piemontesi. Il prefetto è tutto d’un pezzo, non capisce la realtà in cui si ritrova catapultato ed è costretto, alla fine, a lasciare l’incarico. Ma durante la sfilata dello storico cimelio, s’incontrano per caso due giovani, Caterina, sorella del luogotenente di Garibaldi Rocco Ricci-Gramitto e Stefano Pirandello: al colpo di fulmine ed al successivo matrimonio seguirà, indovinate un po’, la nascita del grande Luigi. Diamo un pizzico di merito anche al tanto bistrattato prefetto Falconcini: senza quella sfilata probabilmente non sarebbe venuto al mondo quel grande genio della letteratura italiana che è stato ed è Luigi Pirandello.