Dettagli Recensione
Morte a Trieste
Racconti brevi, alcuni brevissimi.
Innanzitutto Trieste: la mia splendida città. E' presente in maniera esplicita nei nomi delle vie, nei dialoghi in dialetto (che molti parlano realmente ancora), in qualche rapidissimo scorcio e più indirettamente nelle professioni e nei comportamenti dei personaggi che si affacciano in questo piccolo caleidoscopio urbano.
Filosofia, musica, arte, religioni, ossia i contenuti più alti, retaggio della Trieste mitteleuropea e multiculturale, si mescolano a morte, eredità, sesso senile, solitudine, che trascinano i personaggi verso il basso, verso il degrado della vita quotidiana, al quale la città assiste impassibilmente.
Chiusura ricorrente in quasi tutti i sette racconti è la morte, declinata in molte forme, spesso violente: suicidio, omicidio, malattia fulminante, morte improvvisa; oppure al contrario lenta, tappa ultima ed inevitabile della senilità.
Fanno da contrappunto alla morte spesso delle vite ripetitive, in cui i personaggi ricadono negli stessi errori, consapevoli che nelle infinite possibilità di scelta, la strada tracciata dal destino è una sola e bisogna fatalisticamente seguirla. Pressburger si interroga spesso sul destino, sul libero arbitrio, sulla materialità. Non fornisce risposte ma pone domande; talvolta esce in maniera spiazzante dalla narrazione per porre direttamente al lettore delle domande sull'andamento dello stesso racconto.
Questa metanarrazione contribuisce a rendere surreale il sapore di questi racconti, che ondeggiano continuamente tra realismo e assurdo. Sono realistici gli eventi, ma prive di senso le loro concatenazioni. Tutto fluisce indisturbatamente verso l'ineluttabile, verso la morte, intesa in certi casi come una liberazione da una vita inutile e dolorosa. Uno scenario nichilista e tetro, ma mai tragico, anzi leggero e mesto come un'alzata di spalle.
Anche temi ritenuti dal senso comune come scabrosi o scomodi, quali il sesso senile e l'incesto, vengono trattati come fatti del tutto normali e liquidati con poche righe:
"Dopo quella notte la domestica cominciò a fare il bagno nella vasca in cui anche l'ingegner Taussig lo faceva. Qualche volta la porta si apriva piano e il vecchio entrava. Qualche volta anche nel letto dell'ingegnere entrava la domestica".
"Lena affondò il viso tra le gambette paffute del bambino in modo da fargli il solletico. Poi prese in bocca il minuscolo membro di lui e lo succhiò...".
"Spinta da un imperioso desiderio, una notte, lavata e profumata, si era introdotta nella stanza del signor Telemaco e gli aveva dato la prima lezione con un violento ed esauriente esempio del trasporto passionale. Telemaco gradì oltremodo quell'approccio, pur non dimenticando la differenza sociale e di età esistente tra loro".
In conclusione mi sembra un approccio volutamente parziale e crepuscolare ad una città e ai suoi personaggi. Capovolgendo la prospettiva, Trieste potrebbe essere descritta come sole, mare, savoire vivre e spensieratezza. Di tutto questo non c'è traccia nei racconti, ma mi raccomando: una visita la città la vale senz'altro.
Indicazioni utili
- sì
- no