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CELESTINI E IL SUO CONDOMINIO, ELETTRICO
Il manicomio elettrico è la visione di un internato, recluso per trentacinque anni in un manicomio che faceva uso dell’elettricità sulle tempie, per accendere una luce nel cervello, una luce che toglieva la paura e faceva guarire.
Celestini è abile nel portarci in questo luogo e farci entrare non solo in un manicomio, ma soprattutto nella testa di Nicola e nel suo modo di vedere e vivere la vita, ci racconta esperienze orripilanti con il sorriso sulle labbra, con l’ingenuità di un malato di mente, di un diverso, un reietto, dell’emarginato perché strano, scomodo per i normali che saremmo noi, che siamo fuori e ci sentiamo tranquilli.
L’abominio dei manicomi e dell’elettroshock, la disumanizzazione di persone, alcune volte deboli, altre semplicemente spaventate, spesso troppo sensibili per affrontare una vita cannibalizzante, una specie di lotta tra i “normali” e i “matti”. Un luogo di isolamento e non di recupero, il recupero e la guarigione non sono semplicemente contemplate.
La speranza di poter convivere con sensazioni forti e difficili da gestire, la possibilità di alleviare le paure e dare una speranza è annullata in questi posti, chi ne esce è distrutto per sempre o è morto, morto da anni e deve andare avanti comunque.
Celestini è bravo a rendere questo sfacelo quasi comico a tratti fa sorridere, insieme alla realtà di fatti crudi, ci mette anche visioni oniriche e folli di una mente sicuramente disturbata, ma bisognosa di cure più umane nel rispetto della dignità umana.
Toccante e intelligente.
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