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La gatta e l'epitaffio d'erba
Il breve volume proposto e’ una raccolta di articoli firmati da Adriana Zarri e pubblicati dal 1984 fino ai giorni precedenti la sua morte. Benche’ il lavoro sartoriale non sia eccellente ,spesso l’accostamento di articoli diversi ma dal medesimo contenuto causa un senso di ripetizione, questo veloce approccio all’ideologia della scrittrice e’ intenso ed esaustivo.
La scrittura fluisce scorrevole e si concentra su riflessioni che alternano la voce di una donna, il raziocinio di un essere umano, gli studi e le perplessita’ di una teologa. Apprezzabile e stimolante l’indole di colei che crede senza essere accecata dal cattolicesimo istituzionale, la Zarri non teme di professare la propria fede e di scontrarsi con la dottrina cattolica, che accusa essere limitata da una visione esclusivamente antropocentrica. Da qui nasce il contrasto con l’indole ecologista dell’autrice, che nella Creazione include l’ambiente e la vita animale .
Dalle pagine proposte spicca una forte sensibilita’ verso ogni variante della natura, un inno al rispetto delle altre forme di vita. Si chiede senza risposta perche’la morale cattolica sia priva di una visione etica che si spinga oltre l’uomo, mentre la tutela delle altre creature giunga invece dalla Legge atea.
Eppure , analizzando le Scritture, non nacque l’uomo da un pugno di terra ? Non fu attraverso un patto con l’intero creato che Dio enuncio’ l’alleanza a Noe’ per la salvezza di ogni essere vivente?
Lettura poco impegnativa eppure stimolante ed insolita, appetibile a una vasta platea per sensibilizzare a ogni forma di bellezza e al rispetto della stessa ,ritengo il testo un buon corridoio verso opere piu’complete dell’autrice. Senza scordare la belta’ di scrittura, che in chiusura divampa nelle intense e splendide righe poetiche che Adriana scrisse quale suo epitaffio, verdi come il trifoglio che cresce sulla sua tomba.
Non mi vestite di nero:
è triste e funebre.
Non mi vestite di bianco:
è superbo e retorico.
Vestitemi
a fiori gialli e rossi
e con ali di uccelli.
E tu, Signore, guarda le mie mani.
Forse c'è una corona.
Forse
ci hanno messo una croce.
Hanno sbagliato.
In mano ho foglie verdi
e sulla croce,
la tua resurrezione.
E, sulla tomba,
non mi mettete marmo freddo
con sopra le solite bugie
che consolano i vivi.
Lasciate solo la terra
che scriva, a primavera,
un'epigrafe d'erba.
E dirà
che ho vissuto,
che attendo.
E scriverà il mio nome e il tuo,
uniti come due bocche di papaveri.
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L'autrice ha molti estimatori, amici che ne tramandano la memoria, e formano un gruppo presente anche su facebook. Intanto l'editoria continua a pubblicare i suoi scritti.