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Elogio del gatto
Adriana Zarri (1919-2010) teologa, giornalista e scrittrice, visse gli ultimi 35 anni della sua lunga vita in una canonica dismessa, nella campagna piemontese, in uno stile di vita eremitico, per un più vivo contatto con Dio e con la natura.
E' in questa dimensione materiale e spirituale che scrisse gli articoli qui raccolti, cadenzati lungo un periodo temporale di oltre un quarto di secolo.
Si recepisce facilmente un'evoluzione dai primi scritti, puntati a sostenere battaglie in favore degli animali tipiche del tempo, agli ultimi di carattere più privato. Fra i primi, forti prese di posizione contro la schiavitù dei circhi ed il "museo degli orrori" : i metodi d'allevamento finalizzati alla produzione del paté di fegato d'oca, le corride, l'uso di cavie per testare prodotti di bellezza. Gli articoli degli ultimi anni parlano invece, con grande affetto e tenerezza, soprattutto di gatti per i quali l'autrice aveva una vera e propria predilezione.
Rileva, come dato basilare, "la vastità e la cosmicità del disegno di Dio, il quale stabilisce un patto con l'intero creato". La visione teologica di A. Zarri evidenzia quindi come tutti gli esseri viventi siano compresi nell'abbraccio divino. L'uomo pertanto deve rispettare ogni creatura e prendersene cura per la conservazione e lo sviluppo del mondo.
Torniamo ora al gatto, che lei considera, con il cavallo, l'animale più bello in assoluto : "ogni movenza del gatto è una danza e ogni posa è una scultura". Ne ammira fierezza, indipendenza, libertà; perciò non può piacere a chi vuole esercitare autoritarismo e potere.
Il gatto avverte se c'è tensione intorno, fino a nevrotizzarsi. In condizioni normali tende invece a donare, con le sue fusa,un effetto rilassante; anzi, prima di esse,"emette degli ultrasuoni che non sono udibili dall'orecchio, ma vengono percepiti a livelli inconsci : una sorta di messaggio subliminale con effetto benefico".
La scrittrice poi si fa testimone di comportamenti sorprendenti, ma non così rari: durante una riunione in casa sua, in un momento di grande intensità, la micia le saltò in grembo e le fece una carezza quasi "umana"; ad un'amica affranta il gatto andò ad 'asciugare' le lacrime leccandole il viso; un ospite, fortemente scosso da un fatto accadutogli, venne consolato dal felino di casa che gli rimase in braccio per l'intera serata.
La gatta che accompagnò l'estrema vecchiaia dell'autrice si chiamava Arcibalda, "un nome che portava con estrema dignità". Le dedicò anche il suo ultimo scritto, pubblicato appena qualche giorno prima di morire ultranovantenne.
Diceva che questa magnifica gatta nera aveva la "macchia della Madonna". Tale chiazza, che rende il pelo non uniformemente nero, veniva così chiamata perché, al tempo della caccia alle streghe, quando anche i gatti neri erano cacciati e uccisi, ne salvò parecchi dalla strage. Ebbene, Arcibalda aveva un ciuffo di peli bianchi sotto la gola.
Chi vuole conoscere meglio Adriana Zarri, può leggere la sua affascinante testimonianza di vita, raccontata nel libro, molto bello, "Erba della mia erba".
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Commenti
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Benvenuti i gattini!
Quanto a Zarri, chissà che oggi, dopo l'enciclica che ha posto (speriamo per sempre) fine all'idea del "creato a disposizione dell'uomo", sia considerata teologa un po' meno "eretica".
La Zarri, pur avendo una preferenza per i gatti, manifestava amore e cura per tutti gli animali.
Il cane non manca certo di estimatori.
Magnifica presentazione per un titolo che mi attrae tantissimo.
Pensa, piu' volte in libreria ho vagato intorno a questa autrice senza decidere su quale titolo puntare. Ora lo so.
:-)
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