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il VIRIVIRI'
“E questa fu l’origine di tutto il virivirì che capitò appresso” con questa frase Camilleri dà il via alle danze scombinate che nell’ottavo racconto della raccolta”Le vichinghe volanti” portano ad esiti imprevedibili. In realtà nel mondo di Camilleri racchiuso nei confini di Vigata il virivirì capita sempre, anzi il vivirì è la sola categoria del reale concepibile, tanto che persino sintassi e lessico devono adeguarvisi, deformandosi e reinventandosi. Il caos non è compatibile con le regole rigide della grammatica: leggere i libri di Camilleri in italiano corretto sarebbe come sentire un' orchestra con strumenti scordati. A cercare di mettere le briglie alla follia degli accadimenti di solito c’è il commissario Montalbano, la cui assenza ne “Le vichinghe volanti” lascia libertà totale al virivirì di dispiegarsi in tutte le sue potenzialità. Le sue origini sono nel cuore di uomini e donne, soggetti solo alle proprie voglie: basta l’incontro casuale su un pianerottolo, in “Il terremoto del ‘38”, la visione di un corpo nudo nell’acqua di un fiume, ne “i cacciatori”, o in un quadro, in “il boccone del povero”, per far scaturire la passione fino a farla coincidere con il deliro e con l’allucinazione come avviene al prete protagonista di “In odore di santità”. Le convenzioni sociali da sempre contrastano con il desiderio: il tempo scorre, cambiano governi e condizioni, la Vigata del 1910 non è più quella di oggi ma da questo punto di vista non vi sono mutamenti significativi. Le storie sono infatti ambientate fra l’inizio e la metà del secolo scorso, ma qualunque sia il contesto, l’eros è sempre e comunque elemento ribelle e destabilizzante. L'esplosione dell'eros incontrollabile porta al dramma talora, più spesso alla farse ridicola.Né le differenze di classe né la gelosia patologica di una madre( “Il boccone del povero”) e neppure la paura del cataclisma ( “Il terremoto del '38”) vincono del resto“Il sciaurio di giglio” della bellezza di un corpo.