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Trasformismo e ironia
Gli zii di Sicilia apparve nel ’58 quando Sciascia aveva già pubblicato “Le parrocchie di Regalpetra” (1956) e la raccolta di poesie “La Sicilia e il suo cuore”. Nel ‘50 aveva scritto anche “Favole della dittatura”. La raccolta di racconti di cui si parla si inserisce dunque nella incipiente produzione che sarà caratterizzata dall’impegno teso a far conoscere la realtà siciliana. I quattro lunghi racconti hanno poi il valore aggiunto dell’ambientazione storica:” La zia d’America” è ambientato in epoca fascista,” La morte di Stalin “dal 1949 al ’56, “Il quarantotto” tra il 1848 e il 1860, “L’antimonio “durante la guerra civile spagnola.
Ma chi sono gli zii di Sicilia?
“...chiamavano zii tutti gli uomini che portavano giustizia o vendetta, l’eroe e il capomafia, l’idea di giustizia sempre splende nella decantazione di vendicativi pensieri”.
Zio è quindi Stalin “ il protettore dei poveri e dei deboli”, come lo era già stato Garibaldi, e neanche il rapporto Kruscev lo può smentire, può essere piuttosto che a Stalin si fosse “sfaldato il cervello a pensare sempre il bene degli uomini: ad un certo punto diventò strambo”...giusto per far capire quale sottile ironia invada le pagine di questi racconti.
Zio è la macchietta fascista del primo racconto che con grande trasformismo abbraccia il sogno americano portato e sbandierato da un’altra bellissima macchietta, la zia d’America appunto, che torna al suo paese natio per cantare la giobba ( il lavoro), le farma ( fattorie), l’aiuscule ( la scuola superiore), il carro ( l’automobile) e l’aisebocchese ( icebox!!).
Ma il re del trasformismo è il barone Garziano che abbraccia il giglio e il fascio littorio con verosimile pragmaticità dove unica cosa certa è la Trinacria, terra nella quale la smania di potere uccide ogni afflato democratico, compreso quello che si incarna nel sogno di diventare la 49° stella degli U.S.A.
L’ironia trasuda però preoccupazione per una Sicilia i cui problemi emergono trasversalmente in tutti i momenti storici rappresentati e la cui più grande tristezza può essere rappresentata anche da un giovane che rifugge le zolfatare e il temuto grisou preferendo fingersi fascista per combattere la triste guerra civile spagnola, unica fonte di reddito.
Come sempre Sciascia oltre la sua gradevolezza di lettura è capace di spingere il lettore ad una riflessione di ampio respiro che pare ricordare : l’uomo siciliano nasce buono, è il contesto sociale che lo trasforma.
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Commenti
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molto interessante Laura, grazie*
Dopo il bel libro su Pirandello, di M. Collura, ho recentemente acquistato, dello stesso autore, "Il maestro di Regalpetra" su Sciascia. Spero sia di stimolo per affrontare nuovamente il grande scrittore siciliano.
non sono un'amante dei racconti, ma la tua recensione mi ha molto incuriosita soprattutto per la tematica.
Grazie per la segnalazione.
Federica
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