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Il racconto dell'uomo
Il tempo di un uomo, la sua durata, è ciò che in una parola si chiama “vita”.
Lunga o breve non è la questione: anche una quercia o una farfalla sono esseri dotati di soffio vitale, e perché la vita umana dovrebbe avere più senso di altre esistenze?
Quel che realmente conta è ciò su cui ogni individuo, per libera scelta, decide di “puntare se stesso”. E' questa la vita... Nobilitata da una sconfitta irrimediabile perché nobile è il modo in cui la si è vissuta. O anonima nonostante una chiara vittoria, perché ciò che si è vinto non ha in fondo alcun reale rilievo.
“Arrivare” può non avere alcun senso, se non ne ha il viaggio intrapreso verso l'arrivo.
E' nobile, allora, la sconfitta del conte Carlo Mortimer (ne “L'inaugurazione della strada”): il 19 giugno 1845 parte lungo il percorso di 80 km che porta dalla capitale al paese di San Piero. Con lui l'intero corteo inaugurale di quattro carrozze ed un drappello di guardie a cavallo, che mira ad entrare trionfalmente nel paesino il giorno dopo, per l'attesissima cerimonia.
Durante il tragitto, tuttavia, la strada inizia ad apparire dissestata, addirittura il tracciato sparisce, i cavalli rifiutano di proseguire, gli abitanti delle poche case ormai incrociate sul percorso non ricordano nemmeno a che distanza sia San Piero, né se si chiami davvero così. Ma è insopportabile, per il conte Mortimer, l'idea che gli abitanti del paese lo stiano aspettando e lui non arrivi, a costo di proseguire anche da solo...
Come è nobile la prigionia del cencioso vecchietto che dice di chiamarsi Morro il Grande (in “Grandezza dell'uomo”), anche se l'abbinamento di quel nome a quel vegliardo sembra uno scherzo della natura, giacché Morro il Grande è anche un mercante ricchissimo, e poi un famosissimo scienziato indiano, e poi un valoroso guerriero delle isole del Levante, e poi...
Poi “La corsa dietro il vento” del celebre scrittore Mezzaroba, della nobildonna Zaghetti Brin, dell'avvocato Predicanti, del contadino Scarabatti, del professore Cacopardò, della signora Smiderle, del cavaliere Strazzi, della contessa Squarcia... nomi di cui, dal 16 giugno 1957, non resta che una anonima menzione nel computer di un ufficio anagrafe.
Nel misurato spazio del racconto (ancor meglio che in quello del romanzo), Dino Buzzati esprime meravigliosamente la sua visione dell'uomo e della vita.
“Sessanta racconti” (di cui ventitré inediti e gli altri già pubblicati nelle raccolte precedenti) è una collana nella quale si ergono a protagoniste le caratteristiche dell'animo umano e del vivere: malinconia, ineluttabilità, pochezza, cecità; ma anche dignità, moralità, capacità di cogliere il bello ed il giusto... Fino alla rara e suprema abilità di saper godere degli attimi immortali di questa esistenza così breve...
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