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Montalbano allucchì
Non è il primo romanzo di Camilleri che leggo, ma è la prima volta che incontro Montalbano. Non ho seguito la serie televisiva, ma ne ho spiato qualche spezzone, qua e là. La mia visione del giovane Montalbano è quindi insolita: non posso confrontare il giovane con il vecchio, né il libro con la televisione, tuttavia il picciotto non mi è del tutto sconosciuto.
I primi racconti li ho trovati scorrevoli ma non troppo appetitosi, appesantiti da qualche ripetizione tematica, ma poi Camilleri si scalda e rivela il meglio del suo mestiere: le trame sono ben costruite, avvincenti, senza fronzoli. E lo stile, lo stile merita una degustazione accurata, una ricerca delle perle che aiutano l’ironia a emergere.
“Era un cinquantino curatissimo nella pirsona e nel vistito, profumato, tutto mezzi’nchini e sorrisi sbrilluccicanti.”
Un gran bel mestiere di scrivere, quello di Camilleri, astuto ma non disonesto, affinato dall’esperienza, affilato nell’uso sapiente delle lingue, magistrale soprattutto l’arte di costruire il contesto, che accoglie il colore siculo alternandolo con la stabilità dell’italico idioma, al punto giusto e senza eccessi. Non ci sono problemi di glossario: l’ambiente si esprime senza incertezze, la narrazione rapisce e soddisfa.
I personaggi sono dipinti da tratti rapidi e sapienti, ma senza stereotipi. A volte sono inverosimili, come il ladro virtuoso che lascia il resto e si ravvede infine con volenterosa commozione. Per fortuna non mancano quelli anche troppo verosimili, come il procuratore che insabbia il video che inchioda pezzi troppo grossi in un delitto davvero troppo sporco. La percentuale di picciotte beddrissime, però, eccede un poco. E le donne baffute non sono necessariamente grasse (e viceversa).
Montalbano è un personaggio gradevole. Non ama il rigore, rispetta poco le regole scritte, gioca con quelle non scritte, spesso interviene pesantemente a raddrizzare un diritto nato storto. Montalbano è un protagonista che riflette con grazia la sfiducia dei suoi lettori nei confronti della giustizia. Ma la sua rimane una visione ideale: chi ci la conosce davvero, sa che la patria del diritto è molto più contorta, inefficace, barbara e ingiusta di quanto si possa immaginare.
Il finale di questi gialli lascia spesso un retrogusto incerto, aspro come la terra in cui è ambientato: un saluto brusco, una risposta mancata, qualche sottinteso di troppo sottolineano che no, non è il giallo ben definito di Agatha Christie e le celluline grigie di Poirot nell’aria troppo rovente della Sicilia andrebbero sprecate.
“«Bonanotti» ricambiò Montalbano, raprennogli lo sportello per farlo scinnire.”
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Io invece non riesco a leggere Camilleri : non mi piace la sua scrittura che trovo forzata e artificiosa.
Ci ho provato, ma non riesco a terminare neanche un breve racconto che talvolta viene pubblicato sulle pagine di un giornale. E pensare che amo l'originalità letteraria, con una grande ammirazione per il linguaggio verghiano o per quello, incantevole e continuamente sorprendente, di Guimaraes Rosa ( in "Grande Sertao")...