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Intrigo e colpi di scena
Lo stile narrativo di Leonardo Sciascia è sempre indirizzato nella descrizione particolareggiata e peculiare della sua Sicilia e con la maestrìa di far intravvedere, al lettore attento, il profondo dell’animo dei suoi protagonisti.
La vicenda del romanzo in questione ha luogo in un luogo non meglio precisato della Sicilia dove fa ritorno, dopo un’assenza di oltre quindici anni, un diplomatico in pensione per recuperare alcuni oggetti a cui è particolarmente affezionato e che si trovano in un villino di campagna di sua proprietà fino allora abbandonato. L’anziano diplomatico nota delle strane circostanze che sono, nel frattempo, accadute durante la sua assenza; informa le forse dell’ordine locali che inviano un solerte brigadiere a verificare “in situ” ciò che è realmente successo. Il funzionario di polizia trova nel villino, riverso sulla scrivania, il cadavere del diplomatico che si accingeva a scrivere qualcosa su un foglio di carta. Le indagini da parte delle autorità vogliono chiudere presto il caso classificandolo come suicidio; ma il brigadiere è scettico e vuole andare fino in fondo, anche perché accade un altro fatto delittuoso a scapito del capostazione e un manovale della locale stazione ferroviaria che vengono trovati morti senza ragione apparente.
La storia, all’inizio, appunto, semplice, diviene complicata in quanto, agli occhi dello scrupoloso brigadiere, comincia a dipanarsi un intricato scenario in cui sono coinvolti personaggi molto in vista nel territorio i quali avevano scelto proprio il villino temporaneamente abbandonato dal defunto diplomatico, per svolgere particolari attività delittuose a fine di elevato lucro.
Vi è un epilogo tragico che viene comunque “coperto” come fatto accidentale.
Un romanzo piacevole che riserva diversi colpi di scena e strane coincidenze coinvolgenti autorità di forza pubblica, magistratura e rappresentati del clero.