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Addii d'un rosso inconscio
 
Addii d'un rosso inconscio 2007-12-26 17:05:48 Renzo Montagnoli
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    26 Dicembre, 2007
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Il lato oscuro

Quando ho intervistato l’autore in occasione dell’uscita del libro, gli ho chiesto, non avendolo ancora letto, il motivo di un titolo così strano e lui mi ha risposto che lo stesso annuncia, sia pur vagamente, l’esito drammatico dei racconti, i cui personaggi sono dotati di una personalità fuori dalla norma o a limite della stessa, o addirittura sono in preda alla follia.

Nell’introduzione al testo, scritta dallo stesso autore, viene rimarcato questo comune denominatore, citando la vita di Nietzsche, universalmente considerato un genio, razionale, logico e che poi all’improvviso finì con l’impazzire, quasi a voler dimostrare che è presente in ognuno di noi un lato oscuro che, poi, per motivi sconosciuti, può prendere all’improvviso la supremazia, trasformando una mente lucida in una folle.

Quindi l’obiettivo di questa raccolta di racconti non è per nulla facile, perché ci si addentra in un campo che continua a sfuggire alla logica, con caratteristiche e modalità che variano da individuo a individuo.

Lo sviluppo narrativo si avvale di un racconto lungo (La busta azzurra), in cui è più presente, al di sotto di un’apparente normalità, la radice della demenza, in questo caso quasi l’effetto di una successione genetica che porta la protagonista all’omicidio perpetrato quasi in tranche, in obbedienza al lato oscuro della personalità, sempre latente, ma che sembra esplodere con casualità, ricollegando un albero a una tragica vicenda familiare.

In questo racconto aleggia anche una certa aria di mistero, un senso di oppressione che per certi versi richiama la letteratura di genere, più incisivamente il gotico.

Questa sorta di horror psicologico è ancora più evidente in L’Assolo, dove in atmosfere nebbiose si dipana uno sdoppiamento della personalità che porta a un’imprevedibile conclusione.

Meno coerente nello sviluppo tematico, ma senz’altro assai riuscito è invece La pecora, dove il degrado, inteso in tutti suoi aspetti, porta a uno stato di rassegnata follia, intesa quale unica soluzione di un problema senza altri sbocchi.

Di sicuro effetto è poi Il custode del canile, in cui l’emarginazione diventa il campo di coltura di un disordine mentale da cui si può uscire solo con la morte.

Ne L’ultima estate di Alì l’autore cerca di trovare i motivi per i quali un essere umano si dà la morte, assieme ad altri ignari. Nella lucida follia del kamikaze c’è una sorta di rassegnazione, di mancanza di fede nella vita con totale dedizione alla morte, descritti a piccoli passi, una serie di immagini al rallentatore che non possono non coinvolgere.

La lettura di questa raccolta è senz’altro consigliabile.

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