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Non solo chimica
Già il titolo mi aveva incuriosito, anche se proprio lo stesso mi rendeva titubante, perché, facendo un collegamento fra gli studi e la professione di Levi (era un chimico) e il sistema periodico degli elementi della tavola di Mendeleev, mi era sorto il dubbio che questo libro potesse essere un trattato di chimica, materia che a scuola ho dovuto studiare perché c’era, non perché mi piacesse, a differenza della fisica, per cui nutrivo un’autentica passione.
Poi, una volta letta questa raccolta di racconti, mi sono dovuto in parte ricredere, perché la chimica ne costituisce solo spunti, visto che per esempio ognuno dei 21 brani porta il nome di un elemento della tavola periodica, in qualche modo ricollegandosi allo stesso. In effetti Levi in essi ripercorre episodi della sua esistenza, lasciando margini limitati alla massima creatività, tranne che in due o tre e comunque lasciando trapelare fra le righe non poco degli studi fatti, circostanza che ha indotto alcuni anni fa un organismo britannico a definire Il sistema periodico il miglior libro sulla scienza che sia mai stato scritto. Se questo può essere un pregio, è però a mio avviso anche un limite, perché il rigoroso e asettico procedere del metodo scientifico viene a urtare inevitabilmente con le possibilità di sviluppare e proporre idee in campo letterario. Certo l’autore è particolarmente bravo, ma non può fare a meno di trasferire nella sua opera questo aspetto antitetico e il risultato un po’ ne risente, così che la fluidità riscontrabile in altri libri di Levi qui si attenua, dando luogo a periodi più lunghi, a una certa prolissità che finisce a volte con il banalizzare l’argomento. Ciò nonostante e benché la facilità di lettura non sia agevolata, si riesce a procedere, pagina dopo pagina, a volte un po’ con noia, altre con vero piacere. Peraltro questo è forse un libro, più di altri suoi, di letteratura ebraica, e del resto se in quelli che l’hanno reso famoso si poteva cogliere la sua sorpresa di sentirsi ebreo, quindi diverso dai gentili, perché tale era stato il frutto delle leggi razziali, in quest’opera invece si trova un Levi convinto del suo ebraismo, e al riguardo basta leggere il primo brano (Argon), dove per argomento e per modalità di svolgimento appare chiara la matrice e l’impronta dell’origine.
Poiché siamo in presenza di racconti, come al solito, ce ne sono che risultano più o meno graditi, fermo restando il livello qualitativo medio piuttosto elevato; in ogni caso, e questo l’ho scritto anche per il suo romanzo La chiave a stella, siamo lontani come risultato complessivo da Se questo è un uomo, da La tregua e da I sommersi e i salvati, ma ciò non deve meravigliare, poiché quelle sono opere di tale eccelsa qualità da oscurare altre pur valide.
Levi aveva un naturale talento letterario, ma il meglio dello stesso è stato profuso nell’esperienza diretta della vita nel campo di concentramento, al punto tale che, se si parla di lui con altri, a tutti viene subito in mente Se questo è un uomo. La chiave a stella e Il sistema periodico sono dei buoni libri, ma scontano inevitabilmente la superlativa bellezza di quelli che hanno fatto scoprire l’autore al mondo letterario e che assai più di altri ci hanno meglio parlato della Shoah.
Da leggere.