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Feria d'agosto
 
Feria d'agosto 2014-06-06 10:44:49 enricocaramuscio
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    06 Giugno, 2014
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I luoghi, i simboli e le memorie

Un prato, una selva, una grotta, una spiaggia, una casa, ogni luogo secondo Pavese può essere un simbolo, può avere un significato assoluto, isolato dal mondo, può evocare il ricordo di un fatto, di un gesto, di un evento, può diventare perfino mito. L'autore affronta questo tema attraverso una raccolta di ventinove racconti tutti narrati in prima persona, molto suggestivi e curati nella prosa, divisi in tre sezioni, ognuna delle quali è dedicata ad un luogo e ad una diversa fase della vita. Si parte dall'inizio dell'adolescenza, quando si è ancora divisi tra il gioco e la voglia di confrontarsi con gli adulti, quando alla persistenza di alcune paure infantili fa da contraltare una nascente baldanza derivante dal desiderio di nuove scoperte. È la parte dedicata al mare, un mare che incarna la voglia di crescere e di scoprire il mondo, che rappresenta una meta agognata da raggiungere per uscire finalmente dal piccolo universo in cui si è relegati e in cui usanze, riti e abitudini si ripetono rassicuranti ma al contempo monotoni. Poi si comincia a crescere, a saperne di più, ci si allontana dalla bolla dorata dell'infanzia per affacciarsi timidamente nella vita vera. È la città il luogo che rappresenta questa crescita, è lì che si matura e ci si sviluppa, lì si fanno esperienze nuove e contrastanti. Alle feste si contrappongono le strade deserte, alle nottate in compagnia si alternano periodi di solitudine. Infine si raggiunge la piena maturità, la vita si fa più dura e impegnativa. Siamo nella terza parte, quella dedicata alla vigna che diventa l'emblema dei luoghi dell'infanzia, quelli a cui si torna piacevolmente col pensiero quando si è ormai adulti e spesso il potersi rifugiare in ameni ricordi è uno dei pochi antidoti alle asprezze che ci circondano. Rievocare le memorie infantili è altresì un mezzo per conoscere meglio se stessi e il proprio presente perché, secondo Pavese, proprio nell'infanzia è possibile trovare le tracce del nostro essere. "Il concepire mitico dell'infanzia è insomma un sollevare alla sfera di eventi unici e assoluti le successive rivelazioni delle cose...Così ognuno di noi possiede una mitologia personale che dà valore, un valore assoluto, al suo mondo più remoto, e gli riveste povere cose del passato con un ambiguo e seducente lucore dove pare, come in un simbolo, riassumersi il senso di tutta la vita."

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Commenti

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Una meraviglia, bravissimo Enrico!
Bel commento, Enrico.
Pavese pare tendere sempre all'altrove ( nello spazio, nel tempo, nel mito... ). E' segno questo del disagio di vivere il presente ?
Ottima recensione... fa venire voglia di riprendere un libro che - ahimé, lo confesso - nell'adolescenza abbandonai dopo aver letto venti pagine.
Grazie Sary ed Emilio...la tendenza di Pavese a rifugiarsi nei ricordi è sicuramente un mezzo per evadere dal presente...ma oltre a questo, come l'autore spiega bene nella terza parte del libro, alla base di questa tendenza c'è anche l'idea che le esperienze che facciamo da piccoli, così come i luoghi che frequentiamo, ci segnano e diventano determinanti per ciò che diventeremo, quindi per comprendere meglio il presente e capire bene il nostro io adulto è necessario tornare indietro ed analizzare al meglio il periodo della nostra infanzia.
@ Rollo Tommasi: grazie...effettivamente non è la tipica lettura da adolescente...forse rileggendolo ora lo apprezzeresti meglio.
Una recensione davvero invogliante per questo libro.
Bella segnalazione Enrico!
Grazie Gianfranco...pensa che l'ho scovato per caso curiosando nella libreria di un amico...una bella scoperta!
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