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La bella estate
 
La bella estate 2014-03-26 08:57:24 Emilio Berra TO
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4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Emilio Berra  TO Opinione inserita da Emilio Berra TO    26 Marzo, 2014
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"Tra donne sole"

Libro del 1949. Vinse il Premio Strega nel '50, anno in cui l'autore si tolse la vita.
"La bella estate" di C. Pavese contiene tre brevi romanzi. Ognuno di essi meriterebbe un discorso a sé. Per questo, qui mi limito ad esaminare esclusivamente "Tra donne sole" (secondo me, il più bello), da cui M. Antonioni ha tratto il film "Le amiche".
Siamo nella Torino del dopoguerra. Il visitatore che giunge ora in questa città di nordica bellezza, passeggiando sotto i portici del centro, probabilmente non ha difficoltà ad immaginarla nei primi anni della ricostruzione.
Il mondo, che anima il romanzo, è quello della gioventù borghese (ma priva degli elementi 'virtuosi' della borghesia), di cui emerge un ritratto sconfortante.
Pavese conosceva sicuramente la 'gioventù bruciata' della letteratura americana, letteratura che amava e traduceva nella nostra lingua. Da essa ha probabilmente tratto qualche suggestione nel delineare le figure qui rappresentate.
I personaggi che animano la scena sono, però, soprattutto donne: gli uomini, poco significativi, rimangono sullo sfondo. Tra esse, Rosetta compare nelle prime pagine, distesa su una barella, in un albergo, ancora con l'abito da sera di tulle celeste, salvata da un tentato suicidio.
Un'altra, torinese di nascita e di umili origini, giunge da Roma per aprire in città un negozio 'di moda': è l'unica a praticare un'attività lavorativa; ma le difficoltà della vita hanno contribuito a renderla di una tenacia un po' disumanizzante, il pegno pagato per raggiungere il 'successo' (termine che la nostra contemporaneità ha reso alquanto volgare).
Le altre figure sono giovani donne (ma non più ragazzine), abbastanza abbienti da permettersi di non lavorare: trascorrono il tempo tra feste, chiacchiere e scorribande in auto; frequentano gente che si occupa di attività artistiche a tempo perso (con quale talento non è dato sapere).
Nel loro scostante modo di essere, paiono fondamentalmente creature ferite, donne orgogliose e disperate, indurite dalla vita e corazzate; ma la loro metaforica corazza è ,nel contempo, difesa e sconfitta. Non sono donne 'liberate'; la loro 'emancipazione' consiste nel far tardi la notte, fumare, frequentare uomini; paiono aver assorbito il peggio del mondo maschile.
Queste signore poco amabili forse rappresentano modelli femminili interiorizzati dall'autore (se così fosse, capiremmo meglio il suo difficile rapporto con le donne, senza per questo pretendere di psicoanalizzare 'a distanza' lo scrittore).
Queste figure femminili, sempre in compagnia, sono fondamentalmente "sole", artefici e vittime della loro carenza di valori e dell'incapacità di vivere e comunicare in modo autentico.
Solo Rosetta appare indifesa, fragile, non coinvolta nel profondo in tale modalità di vita. Questa emarginazione (estraneità) potrebbe costituire la sua salvezza. Ma, forse, proprio in lei l'autore si è identificato nel "vizio assurdo" di non voler vivere più.

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Commenti

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Pavese non ha abbastanza mordente per i miei gusti, anche se ne riconosco le qualità di scrittore. Bella analisi!
Io l'ho letto alle superiori e dovrei ripassarmelo, non me lo ricordo più, ma all'epoca mi era piaciuto.
Grazie, Cristina. Devo dire che anche per me Pavese non è fra gli scrittori preferiti; però ha saputo cogliere delle suggestioni ambientali e paesaggistiche del territorio piemontese che riesce a comunicarmi ad ogni rilettura.
Salve Mario. Penso che rileggere libri scoperti a scuola desti nuove sorprese.
HO trovato" la bella estate " in tutte e tre le sue componenti come molto noiosa sia nello stile che nel contenuto. Mi sembra di leggere un libro di Moravia, uno degli scrittori italiani più sopravvalutati A mio modesto parete il miglior pavese lo si trova ne " LA CASA IN COLLINA " ( una delle più belle descrizioni dell'italia durante la seconda guerra mondiale ) e nella " la luna e i falò " ( un libro in cui la vita contadina viene nello stesso tempo rimpianta e descritta in modo assai efficace ),
Innanzi tutto grazie per aver definito Torino "città di nordica bellezza". Torino è una città che mi è molto cara ma, tra i milanesi tra cui vivo purtroppo non è molto popolare: è considerata grigia e noiosa. Io invece la trovo bella ed elegante. E culturalmente vivace, da sempre. Non so invece se "nordica" è l'aggettivo più appropriato: in fondo dipende da quale latitudine la si guarda...:-)
Poi, su Pavese, che conosco poco ma che considero autore affascinante (più per nostalgie di gioventù che per recenti frequentazioni): spesso le fortune letterarie di un autore sono questione di tempo, di ritmo, come per la musica. Il nostro tempo e quello di Pavese sono fatti per non incontrarsi mai. Come ballare seguendo due musiche diverse. Per questo tengo ancora un buon numero di volumi di Pavese in evidenza nella mia libreria: per concedermi una pausa quando il nostro tempo, la nostra musica, mi saranno venuti un po' a noia.
Complimenti per la recensione.
Le due opere citate sono senz'altro fra le più riuscite di Pavese. Secondo me,però, "tra donne sole" rappresenta in modo drammatico il vuoto di parte di una generazione, che purtroppo è ancora molto attuale. Hai ragione di richiamare il confronto con Moravia, nei cui romanzi spesso la borghesia annaspa in una situazione simile.
Grazie Pierpaolo. "Nordica" riferita a Torino, semplicemente perché l'aspetto urbanistico e monumentale (poco 'retorico' e contenuto nello sfarzo) e l'atmosfera che emana ricordano un po' le città europee del Centro-Nord.
In risposta ad un precedente commento
Cristina72
27 Marzo, 2014
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Ma fino agli anni Sessanta Moravia è stato uno scrittore coi fiocchi, altroché! Ne consiglierei la lettura a molti presunti scrittori, che oggi pare siano più numerosi dei lettori.
Cristina, condivido la tua affermazione, soprattutto per quanto riguarda "Gli indifferenti" e "Agostino".
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