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Lettura anacronistica?
Inizio la lettura del volume che ha il titolo di un vecchio film di Pupi Avati e che contiene sei racconti, insidiato da un sospetto che è quasi una certezza: sono fuori tempo massimo rispetto alle ormai archiviate feste di Natale, denominatore comune di questa antologia?
La raccolta è aperta da Alicia Giménez-Bartlett con “La principessa Umberta”. L’ispettore Petra indaga sul caso di “una principessa italiana che si dà alle opere di bene, ma che contemporaneamente entra in contatto col mondo del crimine organizzato!”
Racconto lineare e senza sussulti, ma trasversale rispetto alle classi sociali dei protagonisti.
Maurizio De Giovanni scrive “Un giorno di Settembre a Natale”. Protagonista del racconto è Mina, assistente sociale alle prese con giorni storti (le cosiddette GdM, vi risparmio la declinazione dell’acronimo), una mamma rompiscatole (“Il problema”), un marito magistrato troppo puntiglioso e prevedibile dal quale ha divorziato e un prestante collega ginecologo che sembra avere requisiti creativi opposti a quelli dell’ex marito. La vigilia di Natale, giunge al consultorio una prostituta d’alto bordo, minacciata dalla camorra, e chiede aiuto a Mina in un caso complicato: “Spettava a lei, proprio a Settembre Gelsomina detta Mina, assistente sociale, cercare e trovare la via per risolvere la questione…”
Racconto rocambolesco, nel quale il solito De Giovanni riesce a delineare con sapienza, e con un quarto delle pagine solitamente disponibili in un romanzo, la psicologia dei personaggi.
Francesco Recami localizza in un condominio il rito dello “Scambio di regali nella casa di ringhiera”. I personaggi ruotano intorno a Angela e ai suoi regali: perché “La signora Angela Mattioli per Natale amava regalare libri”. Ma quando Angela accompagna in banca la vicina invalida, rimane invischiata in una rapina surreale (“Fermi tutti, questa è una rapina!”), che scatena inevitabili meccanismi mass-mediatici (“Sul posto arrivarono giornalisti e troupe televisive, nella speranza di assistere al massacro o per lo meno a una sparatoria”).
Racconto grottesco, nel quale emerge uno spiccato senso per la commedia.
Antonio Manzini augura “Buon Natale, Rocco!” Il vicequestore Rocco Schiavone deve fare i conti con una delle protagoniste indiscusse del periodo natalizio: l’influenza che, grazie a un amico, lui combatte con un rimedio tanto naturale quanto efficace (“Trinidad moruga scorpion. Solo un pizzico. E’ il peperoncino più potente del mondo”). Tenendo a bada la febbre, il vicequestore risolve un caso che riecheggia in qualche modo la parabola del figliol prodigo: una coppia anziana viene trovata massacrata. Tutti i sospetti sono naturalmente puntati sul figlio tossico…
Racconto ironico, condotto con il senso della sospensione (visto che Rocco attende la lettera di trasferimento).
Bill James propone “Arriva Natale eccetera eccetera”: e qui io piazzo il mio “pollice verso”. L’unico racconto che non ho apprezzato. La successione dei racconti presuppone un rapido cambiamento di situazione e richiede che ciascuno dei racconti fin da subito catturi il lettore. Cosa che qui non avviene.
Marco Mavaldi, come da copione (il suo!), affida il caso de “La tombola dei troiai” al barista Massimo, ai soliti quattro vecchietti arzilli (Aldo, Ampelio, Rimediotti e Pilade) e a un nuovo commissario-donna. Tutti sono variamente impegnati a far luce sull’assassinio del farmacista-strozzino, ma c’è anche spazio per la satira sul riciclo di regali natalizi improbabili e di cattivo gusto: “La tombola dei troiai funzionava in questo modo: il ventisei dicembre, previa iscrizione in apposito foglio volante appeso al portone della chiesa, ci si presentava in parrocchia con in mano un pacco regalo incartato di fresco. Il pacco conteneva un troiaio; ovvero il regalo più ingiovibile ricevuto per Natale”. Sì, perché tra i regali della riffa parrocchiale c’è anche l’arma del delitto (“Questo Corinaldesi, riesce in qualche modo a nascondere l’arma del delitto al posto di uno dei regali della tombola dei troiai”).
Racconto molto pop, imbastito con il senso folk della sagra.
Tempo di bilanci: lettura anacronistica?
Tutto sommato, no. I racconti sono sì imbevuti di atmosfera natalizia, ma si possono davvero leggere in un qualunque week end disimpegnato del calendario gregoriano… magari rassicurandosi sul fatto che il prossimo Natale è ancora così distante!
Bruno Elpis
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Commenti
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Pia
Mi hai fatto ricordare una serie Sellerio che ho della Alicia Giménez-Bartlett che non ho ancora letto!!
@ pia: giusto! Meglio rimanere svincolati dalle convenzioni... :-)
@ gracy: se un po' ti conosco (!) sai che ti ci ritrovo nell'ossimoro mare d'inverno/neve d'estate? ;-)
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Ma tu, oggi, come uomo e come lettore, dopo questo libro ti senti piu' in anticipo sul prossimo Natale o piu' in ritardo su quello passato ?
:-)))