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L'oscurità degli angeli
“Ciascun uomo ha pienezza di bene come pienezza di male in sé”, diceva Madre Teresa di Calcutta, e io non posso che condividere.
Ci sono coni d’ombra ed esplosioni di luce dietro l’apparente “normalità” del vivere la condizione umana, ed entrambi possono rivelarsi all’improvviso, magari sollecitati da un evento che potrebbe sembrare irrilevante, ma che muove in chi lo sta vivendo energie fortissime rimaste a lungo sopite nell’inconscio ( o nell’anima).
Questa è la riflessione che sono portata a fare subito dopo la lettura di questi nove racconti di Bianca Garavelli pubblicati da Ladolfi Editore con il bellissimo titolo “L’oscurità degli angeli”. Il più lungo, “L’amico di Arianna”, ha atmosfere da thriller che sfociano nel noir, senza peraltro metterci in condizione di assumere quella consolatoria distanza che si tende a prendere dall’assassino durante la lettura di questi generi.
Qui si rimane spiazzati davanti alla degenerazione del carattere di una dolce fanciulla, un angelo a cui abbiamo imparato a voler bene dalle prime pagine, quando il acconto del grande evento luttuoso che l’ha colpita ci viene servito come prologo dall’autrice.
Altrettanto inquietante è il secondo racconto “ Qui tollis peccata mundi”, in cui ho avuto la sensazione che il prete protagonista di un enigmatico incontro non sia del tutto innocente. La sua sbandierata, incrollabile fede viene messa in discussione dalla visione di un paio di occhi verdi che gli ricordano Anita, l’amore della gioventù per cui non ha avuto il coraggio di fare una scelta radicale, e gli occhi di tutti gli animali ai quali ha scelto di donare il suo bene . Ma ora gli occhi di quello stesso verde tanto amato sembrano assumere la connotazione del Male assoluto.
Altri due racconti mi hanno colpito tantissimo, e sono “Amnesia” e “Treni”.
Nel primo si legge, enfatizzata dalla momentanea perdita di memoria, l’esperienza che tutti abbiamo provato nell’imminenza della perdita di una persona cara, che ha fatto parte del nostro quotidiano e che sembra impossibile non avere più al proprio fianco.
In “Treni”, un racconto brevissimo, la scrittrice riesce a sintetizzare splendidamente la certezza che non siamo mai condannati a una condizione immutabile, che il treno di un futuro diverso non è mai definitivamente perso, anche quando passa in una stazione piuttosto squallida e fatiscente, una metafora della vita di molti.
Trovo che la prosa di Bianca Garavelli, critico e dantista oltre che scrittrice, guadagni in qualità nella sintesi del racconto e che riesca a stimolare riflessioni e pensieri latenti sul rapporto tra genitori e figli, sulla morte, sull’essenza stessa del nostro essere uomini.
Un libro che mi sento senz’altro di consigliare.