Dettagli Recensione
Generazione call center
Non è solo di giovani “choosy” che si parla in questi cinque racconti, sebbene ampio spazio sia dedicato a quelle generazioni defraudate del loro futuro e accusate di inerzia proprio da chi a quell'inerzia le ha condannate.
Ciò che spicca è il grigiore e la mediocrità del quotidiano, le delusioni che i protagonisti di queste storie finiscono per accettare passivamente come dati di fatto.
Il racconto di apertura, ritratto di una famiglia moderna, è il meno riuscito, per una generale banalità di contenuti che non riesce a coinvolgere il lettore.
Un po' meglio il secondo, grazie ad alcuni passaggi di una certa efficacia: l'atteso pasto serale ad alto tasso alcolico dell'impiegata di un call center, la “luce inutile” di una giornata di sole, l'attimo di gratificazione che le regala la parola gentile di uno sconosciuto, materiale con cui imbastirà i suoi sterili sogni.
Stravagante e provocatoria, nel terzo racconto, l'idea di una Casa di Lavoro per quarantenni precari con alle spalle una lunga sfilza di curricula ignorati e colloqui falliti. Si tratta di un alloggio alternativo garantito dalla società a quei giovani non più tanto giovani che non hanno ancora lasciato casa e non trovano un lavoro stabile, una via di mezzo tra un regime carcerario con libertà condizionata ed un ospizio (c'è anche il parlatorio per le visite settimanali dei genitori).
Non può mancare, poi, il perdente per antonomasia, sbeffeggiato al lavoro, tradito e disprezzato dalla moglie, figlio di serie B che conserva come un tesoro “il ricordo tiepido” della madre che lo aspettava sveglia di notte quando era ragazzo. Lui, “patetica, insulsa marionetta”, di colpo consapevole di esserlo, con una sofferenza che è “contrazione al cuore”.
L'ultima storia ha il tono struggente di un dolore ingestibile come l'afa di un giorno d'estate, di un ritorno al paese d'origine tra facce sudate e senza sorriso, di un amore perduto insieme a tutte le certezze, e di un rancore mai sopito: “Forse è proprio per questo che non piove da tanto. A pregare dev'essere solo gente come mio padre”.
Lasciano senza dubbio qualcosa questi spaccati di vita, con pagine più riuscite di altre che rivelano talento e idee. Ma l'autrice avrebbe dovuto osare di più, approfondire i passaggi più intensi, affondare senza esitazione il dito nella piaga e, soprattutto, non sottovalutare la forza corrosiva dell'ironia.
Indicazioni utili
Commenti
7 risultati - visualizzati 1 - 7 |
Ordina
|
@Francesca: purtroppo siamo da tempo lo zimbello del mondo e in effetti non c'è molto spazio per l'ottimismo. Il nostro è un Paese dove la corruzione ha distrutto la meritocrazia.
7 risultati - visualizzati 1 - 7 |